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Costa S. Giorgio, 29esima PEC di Idra alla Giunta: la memoria firmata da Vittorio d’Oriano

Ma questa volta arriva anche nella cassetta dei consiglieri: possibili gravi responsabilità alle viste!

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“Gentile signor Sindaco, gentili Assessore e Assessori, gentili Presidente e Componenti del Consiglio Comunale di Firenze,

questa missiva fa séguito alle numerose note che abbiamo trasmesso al Sindaco e alla Giunta a partire da quella del 31 maggio.

In quel primo messaggio scrivemmo: “Desideriamo accompagnare la fase di dibattito pubblico apertasi – a dispetto del diniego opposto dalla Giunta – sull’incrocio fra interessi privati e destinazioni urbanistiche di immobili di pregio nella nostra città con la divulgazione dei pareri espressi da numerose autorità scientifiche, accademiche e culturali sul caso emblematico della Variante di Costa San Giorgio”. E allegavamo le riflessioni di Laura Baldini, Ilaria Borletti Buitoni e Giovanni Fanelli.

A quella lettera ne seguirono altre 27, tutte trasmesse anche ai Gruppi Consiliari e ai media, tuttora reperibili sul sito web di Idra.

Non si è mai avuta dal Sindaco Dario Nardella o da alcun membro della Giunta una sola riga di reazione.

Questo ventinovesimo contributo viene indirizzato oggi per diretta competenza  anche al presidente Luca Milani ai gruppi consiliari del Comune, giacché domani essi si accingono ad esprimere un parere di importantissimo rilievo su una materia suscettibile di causare danni gravi e potenzialmente irreversibili alla città, alla sua identità e immagine storica e culturale, all’economia e alla vita sociale dell’Oltrarno.

Confidiamo che gli argomenti fin qui proposti, tutti agli atti del Protocollo del Comune, e in particolare la memoria che oggi trasmettiamo qui in allegato originale e in via formale, redatta dal dott. geologo Vittorio d’Oriano, aiutino a considerare con la massima attenzione il carico di responsabilità che gli Amministratori pubblici di questa città vanno ad assumere in relazione a un indotto ambientale suscettibile di determinare conseguenze importanti sulla stabilità della collina e degli edifici che su di essa insistono, oltre che sulla naturale erogazione di sana acqua di sorgente ai Giardini medicei di Boboli, che dalla disponibilità idrica dipendono”.

Perché non sussistano dubbi interpretativi sulla mole, la qualità e la trasversalità del dissenso che si sviluppa attorno alla scelta urbanistica posta all’ordine del giorno della seduta del Consiglio di domani, aggiunge un elenco parzialmente aggiornato (che qui si allega) dei firmatari dell’appello pubblico con cui si chiede, ancora una volta da ogni branca della cultura e da ogni angolo del mondo, l’azzeramento delle proposte di delibera della Giunta Comunale di Firenze e l’attivazione di una nuova procedura finalizzata al restauro degli ex Conventi, poi Scuola di Sanità Militare, in Costa San Giorgio.

Per tutti questi motivi, conclude l’associazione confidando in una meditata decisione da parte degli amministratori pubblici, la presente viene inviata per opportuna conoscenza anche: al Direttore delle Gallerie degli Uffizi, al Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, al Presidente del Consiglio Regionale della Toscana, all’Assessore Regionale alla Partecipazione, al Difensore Civico della Toscana.

 

Il contributo di Vittorio D’ORIANO

 

Ex Caserma Vittorio Veneto

Costa San Giorgio 39 – Firenze

 

La ex Caserma Vittorio Veneto, già sede dell’Accademia Militare di Sanità, è situata in uno dei luoghi più caratteristici di Firenze, stretta fra l’Arno, il complesso di Forte Belvedere, Palazzo Pitti.

Un luogo denso di memorie storiche e di emergenze architettoniche uniche al mondo.

Dal punto di vista territoriale e ambientale, proprio per l’unicità dei luoghi e della bellezza naturale dal valore inestimabile, si ha difficoltà ad indicare l’emergenza più emblematica giacché tutto appartiene alla storia di Firenze, del rinascimento e quindi del mondo.

Dal punto di vista più propriamente naturalistico l’area è contraddistinta da un equilibrio precario giacché almeno due sono le emergenze che tale la rendono.

L’ossatura geologica di tutto il rilievo è costituita da quella che un tempo era chiamata “pietraforte”, la stessa di molti palazzi e ponti fiorentini compreso Palazzo Pitti. Si tratta, come è noto sinteticamente, di una successione di arenarie generalmente a grana fine ma con livelli anche più grossolani, di colore “marrone avana ma non spento”, alternati a livelli francamente argillitici.

I pochi affioramenti esistenti evidenziano una inclinazione verso nord-nord est, ovvero verso Via dei Bardi come segnalato nella cartografia specifica. Questa inclinazione, laddove si presenta meno inclinata del pendio, può dar luogo a movimenti gravitativi come già accaduto nei secoli passati.

“In passato su quella collina si era costruito molto e si verificavano spesso delle frane”, racconta Nicola Casagli, geologo dell’Università di Firenze che ha condotto il monitoraggio del lungarno crollato con strumentazione radar e dati satellitari e ha raccolto un’ampia documentazione sulla storia degli eventi calamitosi sopra via de’ Bardi.

Nel 1284 una frana distrusse circa cinquanta case provocando una ventina di vittime.

Un’altra frana nel 1547 fece crollare molte case e causò tre vittime. Si racconta che Bernardo Buontalenti, bambino, si salvò per miracolo. La chiesa di Santa Lucia de’ Magnoli è detta delle Rovinate perché è stata distrutta tre volte dai movimenti franosi.

Anche palazzo Capponi, fatto costruire da Niccolò da Uzzano nella prima metà del Quattrocento, è chiamato delle Rovinate.

Il problema dell’instabilità della collina fu brillantemente risolto nel 1565 da Cosimo de’ Medici che fece affiggere in via de’ Bardi una targa, ancora oggi presente, che ordina (in latino): “Le case edificate su questo monte per tre volte sono crollate per deterioramento del terreno. Nessuno dovrà costruire di nuovo. Cosimo de’ Medici II Duca di Firenze e Siena vietò nell’ottobre 1565″ (Nicola Casagli, “la Repubblica”, 2 agosto 2016).

È pur vero che “altri lavori nel corso dei secoli hanno contribuito a ridurre il rischio in Costa de’ Magnoli: la galleria voluta dal Poggi per collegare l’antico acquedotto all’Arno, proprio sotto l’area collassata (si riferisce alla voragine occorsa sul lungarno Torrigiani ndr) e la costruzione del lungarno Torrigiani, totalmente artificiale. “Senza più l’erosione costante dell’Arno, contenuto dal lungarno che prima non esisteva, la Costa de’ Magnoli è stata risparmiata e protetta”, spiega Casagli. Dal 1992 la certezza è matematica: “I monitoraggi svolti più volte negli ultimi 24 anni hanno sempre escluso movimenti in corso. Anche quello più recente a maggio, nei giorni successivi al crollo” (ibidem).

Ciò nonostante, e arriviamo alla seconda emergenza da segnalare, tutto il versante presenta una ricchezza d’acqua tanto sorprendente quanto poco nota se non agli abitanti di Via dei Bardi e di Lungarno Torrigiani, della quale sono testimone diretto avendo potuto eseguire un sopralluogo, nell’ottobre del 2020, in una abitazione al piano terra di Via dei Bardi, proprio sotto il complesso ex militare.

Ebbene, non solo i proprietari della casa lamentavano che periodicamente, e non sempre in coincidenza di eventi piovosi severi, la casa era invasa dall’acqua che filtrava da monte, ma tutto lo scantinato era invaso da una lama d’acqua fra i 30 e i 40 centimetri, che secondo la testimonianza dei proprietari difficilmente si prosciugava anche durante la stagione asciutta.

Queste due particolarità suggeriscono, se non impongono, che già in sede dell’eventuale approvazione della variante urbanistica sia reso obbligatorio che tutta l’area contenuta nel quadrilatero Via dei Bardi, Piazza di Santa Maria Soprarno, Palazzo Pitti, Porta San Giorgio, Santa Lucia dei Magnoli venga preventivamente investigata con dovizia di indagini geognostiche sia dirette che indirette per ricostruire non solo l’assetto geostrutturale in corrispondenza soprattutto degli scavi, per valutarne la stabilità propria e gli effetti indotti al costruito, ma anche il modello idrogeologico locale e le sue variazioni stagionali.

 

Vittorio D’ORIANO

geologo,

componente della Consulta dell’ISIN,

Ispettorato Nazionale per la Protezione Nucleare e Radioprotezione,

già Vice Presidente Consiglio Nazionale Geologi,

già Presidente della Fondazione Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi

già ordinario di Geografia fisica e climatologia presso l’Università di Firenze



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