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Inchiesta pubblica o parodia? Troppe anomalie, in tempi di emergenza sanitaria nazionale, nel percorso di ‘partecipazione’ sul progetto di impianto eolico in Mugello. Il presidente della Regione sollecitato a intervenire

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Giotto rivisitato (a cura di Fabio Innocenti), S. Francesco dona il mantello a un povero, Basilica superiore, Assisi

Otto aerogeneratori giganti fra Vicchio e Dicomano sui crinali di Giotto e del Beato Angelico: la popolazione esige di sapere, vedere, discutere.

Una richiesta di intervento di garanzia è stata trasmessa ieri al presidente della Giunta regionale della Toscana Enrico Rossi, già destinatario di un precedente appello dell’associazione fiorentina Idra l’8 aprile scorso. Oggetto della lettera, lo stato di emergenza sanitaria nazionale dichiarato fino al 31 luglio, i diritti di cittadinanza e l’Inchiesta pubblica avviata dalla Regione Toscana sul progetto di impianto eolico sulla dorsale appenninica in località Monte Giogo di Villore, Comune di Vicchio, e in località Monte Giogo di Corella, Comune di Dicomano.

E’ stato possibile constatare infatti, durante le prime sessioni dell’Inchiesta, curiosamente organizzate dalla Regione in forma di videoconferenza telematica, che i cittadini chiamati a intervenire devono necessariamente disporre innanzitutto di una buona piattaforma elettronica, sperare in una connessione internet stabile, parlare una/uno alla volta senza poter vedere o interloquire con gli altri partecipanti: rinunciare quindi alle più normali modalità di confronto e discussione che caratterizzano un’assemblea pubblica. Una sorta di atmosfera marziana, guidata da una cortese referente incaricata dalla Regione di presiedere questa nuova modalità di democratico e trasparente dibattito.

Anche in futuro la formula del percorso ‘partecipativo’ prevede appuntamenti del genere, e il relativo procedimento deve chiudersi tassativamente entro 90 giorni, ai primi di settembre perciò, senza tener conto della pausa estiva o dell’epidemia in corso.

E’ stato fatto notare da parecchi intervenuti che le connessioni sono ripetutamente saltate durante le sessioni, o si sono palesemente deteriorate o interrotte. Che in svariate località montane del territorio interessato non è possibile infatti avvalersi di connessioni affidabili e funzionanti in maniera costante. Che gli impedimenti alla partecipazione in via telematica non riguardano soltanto la parte di cittadinanza che non ha accesso al web per le caratteristiche orografiche del territorio, ma anche quella che non ha consuetudine e dimestichezza con l’uso di questo tipo di tecniche e linguaggi. “Si tratta con ogni evidenza, nella maggior parte di questi casi, della fascia di popolazione più anziana, scrive Idra a Rossi, ovverosia quella che della memoria, della cultura e dell’identità dei luoghi detiene la maggiore e più qualificata esperienza”.

Per ovviare in parte a queste difficoltà la presidenza dell’Inchiesta ha pensato di invitare i cittadini che siano in grado di dimostrare di non avere accesso al collegamento web a recarsi in sedi messe a disposizione dai Comuni di Dicomano e di Vicchio coi necessari dispositivi di protezione e distanziamenti.

Anche qui, da più intervenuti è stato spiegato che proprio alla fascia di popolazione più anziana, e dunque più sensibile ai rischi sanitari legati all’emergenza nazionale dichiarata (salvo proroghe) fino al prossimo 31 luglio, verrebbe in questo modo richiesto di esporvisi per soddisfare le singolari esigenze di un collegamento di tipo telematico. E del resto anche la presidente dell’Inchiesta, la prof.ssa Giovanna Pizzanelli, si è mostrata consapevole delle criticità connesse alla procedura indicata: “Sia chiaro, ha spiegato, deve trattarsi di problemi oggettivi nella connessione perché, non ce lo dimentichiamo, non possiamo creare assembramenti perché questo metterebbe veramente a serio rischio la salute pubblica. Peraltro resta vigente la normativa per cui per le persone anziane affette da patologie è assolutamente sconsigliato di uscire, tanto meno di creare assembramenti”.

Dinanzi alla riaffermazione anche energica, da parte di cittadini intervenuti, della netta contrarietà al metodo di confronto adottato, la presidente ha spiegato tuttavia di non poter accogliere le loro istanze, e ha concluso: “Il lavoro si dovrà chiudere a prescindere da quella dichiarazione di stato di emergenza nazionale che è in atto fino al 31 di luglio e, chissà, temo sia anche protratto…”.

E’ evidente che il nodo sta dunque nelle condizioni poste dalla norma che regola l’Inchiesta. Ma è ragionevole osservarle, in un contesto così profondamente alterato dalla pandemia Covid19? Per giunta, mentre si affronta una tematica ambientale alla quale la popolazione si sta dimostrando particolarmente sensibile e reattiva? A Idra appare difficilmente difendibile l’esercizio di un simile modello di ‘partecipazione’, che sarebbe necessario praticare con così numerose limitazioni e i rischi sanitari collegati: “Si determinerebbe inoltre una inammissibile disparità di trattamento fra fasce diverse di popolazione, a danno della quota più anziana, messa a repentaglio, o tagliata fuori tout court dal procedimento per effetto del combinato disposto di emergenza sanitaria e divario geografico o digitale. Una disparità di diritti che difficilmente troverebbe giustificazione nel buon senso, prima ancora che negli articoli della carta costituzionale”.

Ecco perché l’associazione ha voluto segnalare al responsabile politico dell’ente promotore dell’Inchiesta pubblica, il presidente della Giunta regionale, le difficoltà oggettive alle quali la conduzione di questa procedura anomala espone chi è chiamato a guidarla. Si chiede quindi a Enrico Rossi di “risparmiare ai cittadini, alla Presidente e al Comitato dell’Inchiesta pubblica, con un provvedimento di congruo rinvio a tempi consoni con le esigenze di informazione, trasparenza e confronto democratico che appartengono ai percorsi di partecipazione, il gravoso e rischioso compito di vivere e gestire, in una fase così delicata della vita sociale e civile della nostra Regione, un procedimento della cui indifferibilità e urgenza non si ravvisano gli estremi”.

La lettera si conclude con l’invito a tutelare, attraverso l’intervento richiesto, l’immagine stessa dell’istituto partecipativo adottato: “Qualcuno, nel corso del dibattito, ha ritenuto di definire l’Inchiesta così impostata “quasi una finta”. E, certo, già la circostanza che le sue conclusioni rappresentino un contributo in nessun modo vincolante per il decisore la caratterizza come uno strumento debole di partecipazione. Non vorremmo che il prosieguo di questa esperienza nelle condizioni descritte rischi e di farle acquisire nel tempo i caratteri della farsa, a danno dell’immagine della Regione Toscana e della credibilità dei procedimenti partecipativi che essa promuove”.

Considerata la delicatezza del tema, in rapporto anche all’opportunità di garantire pienamente la tutela del diritto alla salute della cittadinanza (art. 32 della Costituzione) e quella del paesaggio (art. 9), la lettera è stata trasmessa per opportuna conoscenza ed eventuale interessamento anche al Direttore del Dipartimento Prevenzione della ASL Toscana Centro, al Responsabile Paesaggio della SABAP e al Difensore Civico della Toscana.



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