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E’ ufficiale: il gioiello Banti e il suo parco sono stati degradati a trattativa privata!

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Lo apprende Idra nel corso di un incontro in Regione con Letizia Tinti, responsabile della segreteria della vice presidente Saccardi

Un passo avanti nella comunicazione coi vertici della Regione Toscana, uno indietro nella destinazione dell’ex Sanatorio Guido Banti di Pratolino. Ieri una rappresentanza dell’associazione ecologista Idra è stata ricevuta da Letizia Tinti, collaboratrice storica della vicepresidente della giunta regionale della Toscana e assessore al welfare e al diritto alla salute. Ad accompagnare Ezio Campani e Girolamo Dell’Olio anche un esponente del cantiere di ‘piccola opera’ aperto nella valle del torrente Terzolle, Giulio Signorini (Comitato per la tutela del Castello di Castiglioni): il Banti è infatti uno dei principali manufatti presenti nel territorio che una costellazione di realtà associative, cittadini, produttori e studiosi ha messo al centro di un progetto di salvaguardia, manutenzione, restauro e valorizzazione, in collaborazione coi Comuni di Firenze, Sesto Fiorentino e Vaglia, e col Consorzio di Bonifica Medio Valdarno.

 

Con una superficie di circa 12.000 mq e una volumetria di circa 58.000 mc, corredato da un vasto parco di oltre 5 ettari, il Banti “è tra i primi edifici italiani costruiti interamente in cemento armato ed è caratterizzato da forme sobriamente geometriche tipiche dell’architettura razionalista (…). Il luogo fu scelto per la salubrità dell’aria, la ricchezza dei boschi e la lontananza dalla città”. Così Antonio Paolucci nella Relazione Storico-Artistica che accompagna il Decreto di vincolo n. 108 firmato nel 2006 come Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana. “I lavori, iniziati dall’INFPS nel giugno 1934, furono conclusi nell’autunno del 1939. (…) L’abbondanza di balconi e finestre che si affacciano verso valle e le vetrate dell’ultimo piano, pensate per dar luce alle verande elioterapiche, testimoniano la volontà di utilizzare i benefici influssi della natura circostante a fini terapeutici. (…) Durante la costruzione del convalescenziario, al fine di dotare la nascente istituzione di un quantitativo di acqua sufficiente, la principessa Demidoff donò nel 1935 all’Istituto Fascista per la Previdenza Sociale le sorgenti idriche di sua proprietà. […] Il complesso è collocato su una pendice montana esposta a sud ovest […]; l’esposizione e la forte presenza di vegetazione erano condizioni ottimali per far svolgere alla struttura la funzione sanitaria a cui era preposta, integrata anche da alcuni artifici vegetazionali e di profilo del suolo messi in atto dai progettisti del tempo per ottenere un microclima capace di fornire un risultato benefico per la salute”.

Situato in un’area collinare compresa fra 460 e 500 m di altitudine, a 8 km dalla città di Firenze, il complesso è stato sottoposto a precisi vincoli di tutela diretta del suo interesse storico artistico. Ma – negli anni trascorsi dal 2006 ad oggi – la proprietà (Azienda Sanitaria di Firenze) non sembra essersi data gran cura dei richiami formulati da Antonio Paolucci nella corposa e dettagliata relazione, né si è provveduto agli “interventi consistenti e urgenti” analiticamente invocati per conto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali… Piuttosto, come è noto, quel gioiello è stato sistematicamente visitato, utilizzato e devastato, nonostante gli onerosi quanto inefficaci provvedimenti di guardiania, fino alla ‘scoperta’ di  un’emergenza amianto per la quale, ha fatto sapere ieri la dott.ssa Tinti, entro il 31 gennaio la ditta incaricata interverrà per la bonifica e il recupero del materiale”.

Per tutti questi motivi la delegazione di Idra, che ha consegnato una copia della prima lettera-appello dell’infermiera professionale Gina Pratesi all’allora ministro della Sanità Rosy Bindi, datata 1996, ha fatto pervenire alla segreteria dell’assessore Saccardi la documentazione non ancora in suo possesso, due antefatti giuridicamente rilevanti: la Relazione Paolucci e la Donazione Demidoff. Ha proposto inoltre di visitare la pagina Facebook con cui un gruppo di cittadini documenta puntigliosamente lo ‘stato dell’arte’ del manufatto quanto a condizioni, degrado, sorveglianza ed effrazioni.

Idra si è detta preoccupata per gli esiti che potrebbe generare lo scivolamento nella trattativa privata, e non ha fatto mistero dell’intenzione di esercitare ogni possibile controllo sull’evoluzione della vicenda. La prossima settimana, del resto, è in calendario un appuntamento dell’associazione fiorentina col Settore Patrimonio della USL Toscana Centro, al quale è stata suggerita anche la presenza del Direttore generale e del presidente della Giunta Regionale. Come ha riferito ieri alla dott.ssa Tinti e al dott. Piergiuseppe Calà (incontrato già due mesi or sono dopo la richiesta di colloquio con l’assessore Saccardi), Idra desidera infatti farsi parte attiva di un percorso di collaborazione. “Qui, in gioco, ci sono tanti valori, e non solo storici (c’è persino Dante che, per bocca del trisavolo Cacciaguida, parla di questi luoghi della Fiorenza antica nel suo Paradiso). Qui c’è futuro!”. Letizia Tinti non ha nascosto del resto di condividere la passione che i cittadini mostrano di nutrire per la tutela di ambienti come questo: “E va bene che vogliate adempiere a questa funzione di controllo. E’ un immobile storico, ha una valenza affettiva, ha una sua legittimazione: voi salvaguardate l‘interesse al rispetto dell’opera! Le vostre premesse sono un cappello introduttivo meraviglioso, perché è la verità: il luogo ha un fascino storico, ha una valenza di benessere. Ma la il lato concreto della faccenda è come rimetterlo in piedi e utilizzarlo. Non ci sono le risorse!”.

Qui Idra ha suggerito alla Regione – qualora la trattativa privata non dovesse sortire un esito positivo – un ruolo di salvataggio attivo della destinazione pubblica del bene, un po’ come – ci ha ricordato lo storico prof. Luigi Zangheri – fu fatto nel 1981, quando Villa Demidoff e il Parco mediceo di Pratolino scamparono alla speculazione privata grazie all’intervento della Provincia di Firenze, che intelligentemente li acquisì. In questo caso, secondo Idra, la Regione potrebbe indirizzare ai soggetti pubblici interessabili al co-acquisto, al restauro e alla valorizzazione del bene (Ministeri della Salute, dell’Istruzione, dei Beni Culturali, dell’Agricoltura e dell’Interno, Comuni, Città metropolitana) un appello mirato, corredato di precise ipotesi di utilizzo polifunzionale, che volentieri l’associazione appronterebbe con la firma degli studiosi, dei cultori e delle realtà civiche che da lustri sostengono questa battaglia. Non mancano scenari d’uso socialmente utile e ambientalmente sostenibile che quel complesso è in grado di assicurare: dall’ospitalità di scolaresche di ogni ordine e grado in visita alla città Unesco di nome Firenze alle attività di formazione, stage sul campo, scuola-lavoro, educazione alla salute, prevenzione del disagio, guida ambientale. Né sarebbe peregrino immaginare che vi trovino sede – oltre a presìdi sanitari, assistenziali e riabilitativi di ogni genere – anche realtà pubbliche decentrabili come l’Università o i Carabinieri Forestali, oppure funzioni culturali ed espositive, fisse o temporanee, legate alla storia del territorio (i Demidoff in Italia, l’architettura razionalista del Ventennio nell’area fiorentina, il paesaggio agrario della Toscana, ecc.). Al restauro di una prima parte del complesso, come la Palazzina d’ingresso, potrebbe inoltre provvedere direttamente un’istituzione come la Scuola Edile di Firenze, che un ruolo meritorio ha storicamente rivestito – nel qualificare il personale addetto all’edilizia – anche in ambienti importanti sotto il profilo storico-architettonico, come in passato nel caso della vicina Villa Demidoff, e oggi della Villa medicea della Petraia. Proprio qui, al Banti, potrebbe magari quella Scuola allocare dietro bando regionale un nuovo cantiere-scuola in sinergia con i Centri per l’impiego nel contesto delle attività di formazione e di re-indirizzamento al lavoro previste dall’applicazione della normativa sul Reddito di Cittadinanza. Nel quadrante territoriale del bacino del torrente Terzolle tornerebbero infatti particolarmente utili – ai fini del recupero e del restauro delle sistemazioni agrarie e idrauliche, e dei manufatti di interesse storico e artistico – le competenze che essa è in grado di promuovere nell’ambito delle ristrutturazioni e delle nuove specializzazioni per geometri, architetti, scalpellini, lastricatori e restauratori.

Del resto, ha sottolineato l’associazione, è in preparazione proprio in queste settimane da parte del Comune di Vaglia una giornata di studio, confronto, ascolto e dibattito da dedicare alla soluzione del nodo-Banti, che Idra ha chiesto di aprire al contributo dell’intera società civile. Al netto del macigno dei problemi economici, ha commentato la dott.ssa Tinti, di cui è stato apprezzato il legame affettivo col luogo e la conoscenza diretta del manufatto, “pensare alla possibilità di un rilancio pubblico di un bene così importante non è così banale!”.



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