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TAV, accanto alla Val di Susa: diritto a resistere. O meglio: un dovere.

Ah quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura!

 

In Val di Susa come a Firenze: rispetto per le nuove generazioni!

 

Lungo l’Appennino fra Firenze e Bologna le popolazioni hanno fatto esperienza lunga e sofferta del metodo-TAV, e delle sue conseguenze perniciose sulle risorse ambientali, sulle casse dello Stato, sulla dignità dei lavoratori e dei cittadini, sulla stessa credibilità delle istituzioni cosiddette rappresentative.

Proviamo a descrivere “esta selva selvaggia e aspra e forte” vissuta per tredici anni in Mugello e a Sesto Fiorentino: una ferita tuttora aperta (perché in alcuni casi incurabile) in quel paesaggio montano, rurale e urbano.

-    Mancanza di un dibattito pubblico che garantisse alle popolazioni informazione e consultazione adeguata, e facesse tesoro delle proposte dei cittadini al momento di adottare le scelte divenute poi irreversibili.

-    Progetti confezionati in modo a dir poco approssimativo, o del tutto indecente, così da rendere necessari aggiustamenti continui in corso d’opera, e varianti lucrose a carico dell’erario (emblematici il caso dei Crocioni e i quasi due km di galleria minata e ricostruita perché realizzata nelle argille in cemento non armato!).

-    Tempi raddoppiati: avviati il lavori nel ’96, l’esercizio della linea è partito nel 2009 anziché nel 2003.

-    Costi più che quintuplicati, grazie a un’architettura contrattuale che promuove – piuttosto che limitare – la lievitazione della spesa: da 2.100 mld di lire dei “contratti a prezzi chiusi” presentati ad agosto del 1991 come al 60% privati, a 5.205 milioni di euro (oltre 10.000 mld di lire), interamente pubblici (ultimo dato leggibile peraltro sul sito web TAV, nel 2004, dunque cinque anni prima dell’entrata in esercizio della linea)

-    Ingenti danni ambientali ed erariali previsti, e tuttavia approvati da dirigenti centrali e amministratori regionali riconosciuti dalla Corte dei Conti responsabili (prescritti) di una “condotta gravemente colposa […], censurabile superficialità, insolita pervicacia ed in violazione ad elementari norme di diligenza” (leggere la sentenza!).

-    Impattate 73 sorgenti, 20 fiumi, torrenti e fossi, 45 pozzi, 5 acquedotti, con sospetta compromissione di riserve idriche profonde: perduta per sempre, ad esempio, l’acqua di sorgente della millenaria Badia benedettina di Moscheta; torrenti scomparsi che ricompaiono oggi misteriosamente a metà corso… perché tubi in polietilene li riannaffiano pompando acqua dal fondo valle, con costi permanenti aggiuntivi, economici, energetici e ambientali, per il rilancio delle acque.

-    Nuova impermeabilizzazione del suolo (oltre un km di viabilità aggiuntiva per ogni km di ferrovia) e aggravamento del bilancio di carbonio (talpe, cemento, armamento, acciaio, rame, camion, ruspe).

-    Impegni di mitigazione ambientale disattesi (il trasporto delle terre da scavo su ferro, avvenuto su gomma).

-    Contropartite infrastrutturali inserite negli accordi ma irrealizzate (l’elettrificazione della Faentina).

-    Un tunnel inaugurato (nel terzo millennio) con due binari in una canna sola (proprio come il Frejus del 1871), senza galleria di soccorso, con discenderie di cantiere denominate ‘vie di fuga’, ampiezze, pendenze e lunghezze – leggiamo nel Parere ministeriale – disagevoli, distanti 7 su 14 l’una dall’altra oltre i 4 km prescritti dal Decreto sicurezza gallerie.

-    Danni ai servizi per i pendolari: assai ridotta l’offerta di intercity (e l’aggravio di uno o due cambi) sulla pur breve tratta fra Firenze e Bologna.

Questo è stato, amici della Val di Susa.

E mediti su tutto questo anche Firenze, dove nessun imbarazzo si prova – dopo il saccheggio di ambiente e erario perpetrato in Mugello, a Monte Morello e a Sesto Fiorentino – per i ‘magheggi’ e il raccapricciante mosaico di collusioni politico-affaristiche che la Direzione Distrettuale Antimafia ha evidenziato nella sua inchiesta. Né per le parole severe di Raffaele Cantone quando, da presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, ha definito la vicenda TAV a Firenze paradigmatica del peggio possibile in Italia”.

E’ dovere di noi testimoni ricordare sempre e comunque, a dispetto dell’indifferenza del Palazzo e della sua corte, cosa è ragionevole aspettarsi da amministrazioni pubbliche vecchie e nuove, centrali e locali, che ripropongono metodo, slogan e promesse consunte. Le conseguenze della vecchia politica sono ormai tutte note e acclarate, infatti. Ma la classe politica che si dichiara oggi “del cambiamento”, cambiamento positivo non produce – a quanto pare – né nel merito né nel metodo. E questo rende ancora più opportuno, indispensabile e urgente coltivare informazione, stimolare consapevolezza, promuovere resistenza nonviolenta.



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