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Giù le mani dai beni comuni, di grazia! Lettera aperta al sindaco di Firenze Dario Nardella

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Non utilizziamo i pieni poteri da emergenza sanitaria per proseguire in un’urbanistica della dilapidazione!

Ci scusiamo, signor sindaco, per l’imperdonabile ritardo con cui abbiamo letto – ritrovandola solo oggi in rete – una Sua intervista di un paio di settimane fa, quando – rispondendo alle domande del cronista – Lei ebbe fra le altre cose a dichiarare:

Oltre a un’iniezione di liquidità lei pensa necessaria anche una manovra sul debito?

«Il governo deve permetterci di indebitarci. Ora lo possiamo fare solo sul fronte degli investimenti. Per legge, invece, dobbiamo essere messi in grado di indebitarci per finanziare la spesa corrente, quella che ci serve ad esempio per i servizi agli anziani o scolastici. E per farlo sono pronto a mettere in garanzia il patrimonio immobiliare».

Oltre ai 5 miliardi che chiedete quindi lei è pronto a impegnare gli immobili comunali?

«Se non vogliamo alzare le tasse è l’unica soluzione. Preferisco indebitarmi per mantenere i servizi. E quindi utilizzare gli immobili comunali. Non venderli, ma metterli a garanzia dei prestiti, costituendo un fondo apposito».

Ecco, a noi non sembra, signor sindaco, una buona idea quella di impegnare gli immobili comunali: piuttosto che se stesso, Lei indebiterebbe i cittadini di una Firenze già troppo consegnata a interessi estranei a quelli della sua popolazione (che infatti se ne va), e poco compatibili anche con la tutela della sua cultura e della sua storia.

Vorremmo proporLe piuttosto un altro modello di impegno. Civico, ancor prima che economico.

Partiamo dal patrimonio pubblico disponibile.

Perché ad esempio non valutare l’opportunità, fino ad ora inspiegabilmente ignorata, di utilizzare dopo questa emergenza-pandemia l’ex caserma Goffredo Mameli, in Piazza Stazione, che ospitava la Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri, e farla diventare sede unificata degli uffici comunali aperti al pubblico? Un front office che si gioverebbe dell’ubicazione in un luogo crocevia delle linee di tramvia, bus e ferrovie, e renderebbe superflua la mobilità privata a beneficio sia dei dipendenti sia degli utenti dei servizi.

E ancora. Il Comune di Firenze e altre istituzioni (pensiamo all’Azienda Sanitaria) possiedono una gran quantità di beni che sono stati sottratti – più o meno saggiamente – alle loro destinazioni originarie di pubblica utilità. Ebbene, in una prospettiva di lungo periodo, perché non incentivare il trasferimento dei dipendenti in sedi più ravvicinate alle relative abitazioni? Parliamo infatti, nel caso del Comune e della ASL, dei maggiori datori di lavoro del capoluogo, fra l’altro pubblici, e dotati di un responsabile della mobilità aziendale (il mobility manager). Abbiamo tutti negli occhi le immagini mai viste prima delle nostre città sotto cieli tersi e attraversate da fiumi dalle acque cristalline. La risposta alla pandemia Covid19 in tema di mobilità privata verso e all’interno della città di Firenze può avere due esiti opposti: concretizzarsi come un nuovo inizio, oppure come un ritorno al passato, in forma di gran lunga peggiore. Anche secondo noi Firenze non può permettersi che i 110 milioni annui di viaggiatori sui mezzi pubblici utilizzino per paura del contagio i mezzi di proprietà.

Nel caso poi, auspicabile, che il Comune di Firenze, proprio alla luce della pandemia, preferisca orientarsi verso un ritorno al decentramento amministrativo, perché non assumere determinazioni che permettano di ridefinire i compiti e i poteri dei Consigli di quartiere, e di provvedere ai finanziamenti che permettano loro di svolgere con efficacia le proprie attività?

Tutto nell’ottica, appunto, di non tornare al mondo di prima, ma di fare passi concreti verso la soluzione dell’emergenza ambientale e climatica, che tornerà sul proscenio se la ‘ripartenza’ non porterà cambi di paradigma. Vogliamo ricordare, a fronte delle così numerose morti da Coronavirus, che ogni anno le polveri sottili, le Pm 2,5, provocherebbero nel nostro continente la morte prematura di oltre 400.000 persone, come risulta dai dati ufficiali della European Environment Agency (Air quality in Europe, 2019 report). Sono inoltre numerosi gli studi realizzati recentemente che dimostrano una stretta correlazione fra l’inquinamento ambientale e la diffusione dello stesso Covid19.

Già, si dirà: ma dove si troverà la liquidità indispensabile a garantire i servizi sociali essenziali, a partire dai minori, gli anziani, fino alle biblioteche?

Una serie di provvedimenti, come alcuni di quelli indicati, sono a costo quasi zero: si tratterebbe solo di buona urbanistica!

In molti altri casi, criteri di tassazione finalmente più equi permetterebbero addirittura di recuperare importanti risorse che oggi restano invece nelle tasche dei nuovi grandi proprietari immobiliari che si sono impossessati di quote crescenti di appartamenti, palazzi, ex caserme, preziose aree dismesse.

Altro approccio richiedono le attuali straordinarie perdite di incassi legati alla monocultura del turismo e del suo indotto: una gallina dalle uova d’oro che si è inteso allevare mercificando la città, esponendola allo spopolamento, alla speculazione, alla fruizione di massa usa-e-getta, scommettendo su una ‘filosofia del trolley’ che al primo segnale di crisi prometteva di rivelare tutta la propria drammatica fragilità.

Come se non bastasse, Palazzo Vecchio ha voluto coltivare un’insana ideologia delle ‘grandi opere’, costose e pericolose, progettate, approvate, contrattualizzate ed eseguite (se e quando) con criteri che mostrano oggi anch’essi drammaticamente la corda. Iscrivere a bilancio 2020 somme quanto meno aleatorie come i 54 milioni ‘compensativi’ di una TAV oggi sempre più improbabile (se non nelle fantasie di qualche giornale) è stata, signor sindaco, una scelta rischiosa, e a pagarne le conseguenze non dev’essere la popolazione, che della città è proprietaria quanto meno morale! Parimenti, ci domandiamo quali clausole di gestione delle tramvie siano state sottoscritte a suo tempo da Palazzo Vecchio, se oggi ci troviamo a doverne ricontrattare il modello di business. Anche qui, come nelle porte aperte ad Airbnb, dunque, porte spalancate al privato!

Delle conseguenze di questa visione di città deve evidentemente render conto la classe politica che ha governato Firenze negli ultimi lustri, di cui Lei stesso ha fatto parte, dott. Nardella, come vice sindaco e come sindaco da 11 anni a questa parte. È da come verrà amministrata questa transizione verso la ‘ripartenza’, e dalla qualità della ripartenza, che si trarranno gli auspici per il suo futuro. Una cosa però possiamo suggerirLe già adesso, perché vi metta mano con ogni possibile sollecitudine, signor sindaco. La vicenda, locale, nazionale e planetaria di questa emergenza che è insieme sanitaria, economica e sociale può e deve insegnarci ad allocare in modo più oculato le risorse. Se in passato, come lei stesso ammette, sono stati adottati modelli che non sono più proponibili, ebbene allora è giunto il momento di fare come quelle imprese che hanno colto l’attimo e hanno riconvertito a fini socialmente utili la propria produzione. O come l’Unione Europea e la BCE, che hanno messo via le vecchie ‘regole’: ricorrono infatti condizioni, cause di forza maggiore, che permettono – anzi impongono – di liberarci dei passati vincoli di bilancio.

E allora, per fare ancora un esempio. Dei 1600 milioni di euro pubblici investiti in un’opera sempre più impossibile, e in queste condizioni addirittura grottesca, la faraonica ‘stazione subacquea’ Foster e due tunnel-diga nelle barbe della nostra città patrimonio dell’Umanità, ne sono stato spesi, male e inconcludenti, 800, e altri 800 sono ancora nel piatto: ottenga Lei dalla ministra alle Infrastrutture Paola De Micheli, o dallo stesso premier Giuseppe Conte, che il Governo si faccia promotore di un provvedimento, o di un’equivalente proposta al Parlamento, che porti a depennare subito quella voce di spesa presente nel contratto di programma con Rete Ferroviaria (e chissà quante altre voci meriteranno altrettanto!), e siano quelle risorse destinate ad ampio spettro all’area metropolitana di Firenze – oltre che per la tutela delle economie sane messe in ginocchio dalla pandemia – in trasporti pendolari, messa in sicurezza delle scuole dei nostri figli, salute, manutenzione e sicurezza delle infrastrutture esistenti, tutela del patrimonio ambientale e culturale… insomma, in tutte quelle voci-cenerentola di cui questo virus sta forse aiutandoci a capire il vero valore!

Se davvero c’è, signor sindaco, batta un primo colpo!



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