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COMUNICATO STAMPA       Firenze, 6.2.’09

 

GUAI TAV IN PILLOLE

stralci della requisitoria

che i Pubblici Ministeri Gianni Tei e Giulio Monferini

hanno pronunciato al processo in corso presso il Tribunale di Firenze

a carico dei costruttori della TAV fra Firenze e Bologna

 

 

Ventitreesima puntata:

I cittadini danneggiati sono stati messi di fronte al fatto compiuto.”

 

 

TRIBUNALE DI FIRENZE

SEZIONE MONOCRATICA

 

DOTT. ALESSANDRO NENCINI        Giudice

 

Procedimento penale n. 535/04 R.G.

 

Udienza del 10 aprile 2008

 

 

Requisitoria del Pubblico Ministero dott. Gianni Tei

[Stralcio n. 23]

 

 

“SE SI È TITOLARI DI UNA POSIZIONE SOGGETTIVA FAVOREVOLE, FINO A QUANDO NON ARRIVA UN PROVVEDIMENTO ABLATORIO QUEL SOGGETTO PUÒ STARE A CASA TRANQUILLO, NELLA CERTEZZA CONFERITAGLI DAL PRINCIPIO DI LEGALITÀ CHE NULLA DI PREGIUDIZIEVOLE GLI PUÒ CAPITARE. [...] I CITTADINI VANNO INFORMATI NEI SENSI DI LEGGE SE HANNO POSIZIONI SOGGETTIVE INCOMPATIBILI CON L’OPERA. SE NON FOSSE COSÌ, DOVREMMO DIRE CHE I CITTADINI CHE SAPEVANO AVREBBERO DOVUTO OPPORSI TIRANDO SU LE BARRICATE E PROVOCARE TUMULTI DI PIAZZA? [...] MA QUESTA SAREBBE LA LEGGE DELLA GIUNGLA, LA LEGGE DEL PIÙ FORTE, CHE IN EFFETTI PARE SIA STATA QUELLA APPLICATA NEL CASO CONCRETO DA CAVET, IL CHE, PERÒ, È E RESTA INACCETTABILE”.

 

 

10) TUTTI SAPEVANO TUTTO. OVVERO IL RUOLO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI.

 

 

Tutti sapevano TUTTO.

E’ uno dei leitmotiv della CT del prof Celico.

E senza dubbio questo è vero.

O più precisamente, è vero in parte, ma in parte è falso.

E se anche fosse vero, vuol dire qualcosa? Vediamo.

Nessuno ha mai detto o pensato che CAVET abbia eseguito la tratta Firenze-Bologna in modo clandestino, anche se poi vedremo che in effetti, alcune condotte clandestine, le ha pure tenute, tipo quando manda degli operai di notte, con una Panda con i fari bassi, a battere un pozzo nel terreno della chiesa di Paterno per svuotare la galleria, di nascosto a B. D..

Vediamo la parte non vera.

 

CITTADINANZA

La parte sicuramente non vera è quella relativa alle informazione alla cittadinanza.

Ad esempio, citando il teste Rubellini, la difesa, per il tramite di Celico, afferma che i cittadini sono stati avvisati mediante assemblee pubbliche e, quindi, che i cittadini sapevano.

Ma che discorso è?

Se valesse questo principio, fossi la difesa, avrebbe potuto osare di più e dire: ma la gente non legge i giornali? come fanno a dire di non sapere che si sarebbe costruita la tratta Firenze-Bologna?

Ma che c’entra questo?

Uno stato di diritto funziona diversamente.

Se si è titolari di una posizione soggettiva favorevole, fino a quando non arriva un provvedimento ablatorio quel soggetto può stare a casa tranquillo, nella certezza conferitagli dal principio di legalità che nulla di pregiudizievole gli può capitare.

Il fatto che uno possa leggere che si realizzerà la terza corsia dell’A1 non vuol dire che ciò autorizzi la Società Autostrade a fargli trovare una mattina le ruspe nel suo giardino senza che sia stata attivata la regolare procedura d’esproprio, e che questi si debba tenere tale sopruso. Se succede, li può denunciare tutti, anche se tutte le mattine avesse comprato 10 quotidiani e si fosse fatto una rassegna stampa e avesse saputo tutto quello che c’era da sapere sull’A1. I cittadini vanno informati nei sensi di legge se hanno posizioni soggettive incompatibili con l’opera.

Se non fosse così, dovremmo dire che i cittadini che sapevano avrebbero dovuto opporsi tirando su le barricate e provocare tumulti di piazza?

Non capisco dove porti questo ragionamento. Siccome io te lo dico in un convegno pubblico, stai zitto! Ma forse siamo al Bechelli, che nessuno oggi si sacrifica, non lo so...  Ma questa sarebbe la legge della giungla, la legge del più forte, che in effetti pare sia stata quella applicata nel caso concreto da CAVET, il che, però, è e resta inaccettabile.

Quindi i cittadini NON SAPEVANO cosa sarebbe successo loro, non hanno mai saputo quello che avrebbero dovuto sapere, e soprattutto non lo hanno mai saputo nei modi di legge, che è l’unico modo cha assume rilevanza in sede penale.

I cittadini danneggiati sono stati dunque messi di fronte al fatto compiuto.

Conferma di ciò si ha nel centinaio di testi escussi che si sono trovati senz’acqua e non c’è un foglio, un documento, un atto pubblico ed ufficiale pervenuto ad un privato che provi il contrario, ovvero che fossero preventivamente ed ufficialmente informati della revoca delle concessioni all’utilizzo dell’acqua di cui erano titolari o, quantomeno, che avrebbero subito la perdita dell’acqua.

 

Ma a sconfessare la tesi della difesa c’è anche il fatto che chi, stando attento alle cose, leggendo i giornali, ha provato ad informarsi da solo e si è attivato, non è che abbia avuto miglior fortuna. Basti pensare al sig. D. F. del consorzio dell’acquedotto Cogemo.

Pubblico Ministero - Alcuni chiarimenti. La prima cosa che ha detto, se ho capito bene, è che voi già dal ’92 avevate fatto osservazione del progetto?

Teste D. F. - Sì, ’94… insomma, ora la data in questo momento… mi sembra ’94, sì, insomma nel periodo del cosiddetto (incompr.) ambientale, quando era possibile farlo.

Pubblico Ministero - Perfetto, se ci spiega proprio la procedura ci fa piacere. Quindi voi siete stati messi a conoscenza ufficialmente dell’esistenza di un progetto?

Teste D. F. - No, siamo venuti a conoscenza dell’esistenza del progetto dalle forme di pubblicità correnti, cioè l’abbiamo seguito dai giornali e saputo anche da alcuni comitati che si erano formati spontaneamente nella zona di Cercina; questo perché, appunto, la vicinanza con Cercina ci ha permesso di conoscere…

Il sig. D. F. ha letto i giornali, si è informato nei comitati spontanei di Cercina, ha chiesto e ottenuto un sopralluogo dal Piscitelli [...] e com’è finita?

È finita male lo stesso.

Quando è andata via l’acqua alle 135 famiglie servite dal consorzio, Vellani gli ha detto che la colpa era della siccità e che comunque il cantiere stava per chiudere per l’estate e che non potevano intervenire.

Ed infatti non sono intervenuti, né allora, né mai, e il sig. D. F., dopo sette anni, è qui parte civile ad incrociare le dita sull’esito del processo.

 

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