Associazione di volontariato Idra

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COMUNICATO STAMPA       Firenze, 19.9.’08

 

GUAI TAV IN PILLOLE

 

Terza puntata: dove si parla di qualità dei progetti

 

 

Tutti i venerdì

la pubblicazione di stralci della requisitoria

che i Pubblici Ministeri Gianni Tei e Giulio Monferini

hanno pronunciato al processo in corso presso il Tribunale di Firenze

a carico dei costruttori della TAV fra Firenze e Bologna

 

 

Ogni venerdì fino a dicembre 2008, con Idra un appuntamento informativo speciale: la poderosa requisitoria che i Pubblici Ministeri Gianni Tei e Giulio Monferini hanno pronunciato al processo in corso presso il Tribunale di Firenze a carico dei costruttori della TAV fra Firenze e Bologna. Un processo di prima grandezza per quantità di imputati, tipologie di reati contestati, cifre relative ai danni ambientali documentati, proscenio e backstage di protagonisti, comprimari, spalle e comparse. Iniziato il 23 febbraio 2004, dopo anni di indagini e il provvedimento di sequestro di un cantiere, sette cave e otto depositi del 23 giugno 2001, il processo ha ricevuto una copertura mediatica che sarebbe eufemistico definire mediocre. Il volume degli affari e il pedigree degli interessi coinvolti nella “grande opera” spiega senza bisogno di dietrologie questa distrazione di fondo. Il 24 settembre il processo riprende con le arringhe degli avvocati della difesa degli imputati. Entro l’anno è attesa la sentenza.

 

 


TRIBUNALE DI FIRENZE

SEZIONE MONOCRATICA

 

DOTT. ALESSANDRO NENCINI        Giudice

 

Procedimento penale n. 535/04 R.G.

 

Udienza del 3 aprile 2008

 

 

 

Requisitoria del Pubblico Ministero dott. Gianni Tei

[Stralcio n. 3]

 

 

[...] QUESTO PER DIRE DA SUBITO QUALE POSSA ESSERE IL VALORE CHE SI PUÒ DARE AD AFFERMAZIONI LETTE NEI DOCUMENTI E RISUONATE IN QUESTA AULA, ANCHE DA PUBBLICI AMMINISTRATORI, QUALI “OPERA GRANDIOSA REALIZZATA DAI MIGLIORI SPECIALISTI E TECNICI”, “TECNICHE INNOVATIVE A LIVELLO MONDALE”, “UN’OPERA DI PRIMARIA IMPORTANZA”, “ABBIAMO LE MIGLIORI PROFESSIONALITÀ”. CHIUNQUE VORRÀ USARE QUESTI ARGOMENTI DOVREBBE PRIMA SPIEGARE PERCHÉ IN QUESTA OPERA PUBBLICA (PURTROPPO CERTO NON L’UNICA) L’INDICAZIONE E FISSAZIONE DEI TEMPI E DEI COSTI DI REALIZZAZIONE ABBIANO AVUTO UNA AFFIDABILITÀ PARI A QUELLA DELLA LETTURA DI UN MAZZO DI TAROCCHI DA PARTE DI UNA CARTOMANTE.

 

 

L’opera pubblica relativa al quadruplicamento ferroviario veloce della tratta Bologna-Firenze è stata approvata in conferenza dei servizi in data 28.7.’95.

Però si parte nel ’92.

Nel ’92 cominciano a girare questi fogli, perché sono poco più che fogli, ed approdano ad uno Studio di Impatto Ambientale. [...] Già nel 1992 si rilevano i prodromi di quella che sarà la caratteristica degli studi e degli elaborati di quest’opera o, meglio degli studi che alla fine saranno destinati ad avere la meglio su altri. Vinceranno sempre e comunque i peggiori, quelli più tirati via, quelli tendenti a minimizzare i danni, gli impatti, a nascondere quella che risulterà invece la vera realtà dei fatti.

E non si pensi che sia una valutazione: è un fatto circostanziato.

Questa storia infatti, come detto, comincia nel 1992 con il SIA, Studio di impatto ambientale [...]. Siamo nel 2008. Dopo sedici anni deve essere finita, figuriamoci! Però ha una caratteristica: nasce subito da una logica vecchia, nel ’92 (e poi vedremo come la cosa purtroppo non è migliorata): si limita ad una valutazione del paesaggio come “paesaggio cartolina”. Esteriore aspetto dell’ambiente. [...] Ecco perché sembrava una grande idea fare quasi tutto il tracciato in galleria.

Con questo non si vuol dire che ora si vuol disconoscere la rilevanza di salvaguardare l’esteriore aspetto del territorio perché ci interessa l’acqua. Diciamo ovviamente una cosa diversa. Diciamo che il rispetto del paesaggio come immagine, come tutela del panorama, lo vorremmo ormai poter dare come concetto pacifico ed acquisito, anche se acquisito non è, visto quante e tante volte viene leso.  Riteniamo però che dovrebbe essere solo una prima approssimazione al risultato finale, se l’obiettivo è quello di conseguire il risultato migliore possibile. In altre parole: va benissimo che una ferrovia passi in galleria per salvaguardare il paesaggio, ma subito dopo ci saremmo aspettati che chi è preposto a decidere si ponga poi la domanda di cosa succede, e di quali possano essere i problemi che possono sorgere, nel fare un buco lungo 70 chilometri nella montagna.

Così non fu. O lo fu solo in parte. E comunque non è stato mai esplicitato nella sua pienezza.

 

Il progetto che venne presentato agli uffici regionali diretti dalla dr.ssa Sargentini per il parere necessario al SIA (Studio di Impatto Ambientale) era caratterizzato soprattutto da genericità.

Lo dice la teste dr.ssa Sargentini della Regione Toscana.

Sargentini: “Cosa intendo con questo? La genericità era data dal fatto che venivano riportate per alcuni aspetti valutazioni assolutamente... come dire, di principio, che non erano poi contestualizzate, rispetto al territorio. Dove venivano riportati i dati - e questo è riferibile in particolare alla questione pozzi, sorgenti, eccetera - c'era una sorta d'inventario, ma, come dire, erano i dati più o meno conosciuti per qualche motivo, rimessi insieme. E non c'era, a nostro avviso, uno sforzo di omogeneizzazione di questi dati e quindi poi di interpretazione e valutazione complessiva. [...] Noi si riteneva che non fosse assolutamente da sottovalutare la possibile interferenza con acquiferi anche profondi e che nessuno di noi ovviamente poteva dare una certezza di questo, ma che comunque dovevano essere approfondite le indagini, dovevano essere previste analisi specifiche per rendere, per contestualizzare una serie di affermazioni che prese da sole...”.

Quindi non solo necessità sin da subito di approfondimenti, ma subito con la tendenza - che rimarrà una ostante - alla minimizzazione degli impatti e dei danni.

Prosegue infatti la Sargentini: “Io ho un ricordo, ora non saprei se preciso su tutto, ma che in generale si tendeva a dire che gli eventuali impatti, laddove ci fossero stati, sarebbero stati reversibili”

Pubblico Ministero: "Quindi, mi corregga... Allora, reversibili?”.

Teste Sargentini Maria: “Reversibili. Cioè, è chiaro che se io faccio un intervento in un territorio e c'ho comunque un impatto momentaneo, è possibile che a seguito della realizzazione di un manufatto o di un'opera, come dire, passato un certo tempo, si ripristini la condizione pre... ante operam”.

Pubblico Ministero: “Quindi, praticamente collegato all'esecuzione di lavoro: ho un rubinetto, lo chiudo perché devo passare, come sono passato lo posso riaprire?”.

Teste Sargentini Maria: “Sì. Ecco, un po' era questa la sensazione che veniva, che tutto è reversibile. L'altro aspetto che secondo noi era rilevante (questo me lo ricordo molto bene, perché è stato uno dei primi progetti complessi che si sono analizzati) è che tutte le valutazioni che c'erano nel SIA tendevano a dare risposte nella fase a regime, cioè a cantieri finiti. Ora qui si era di fronte ad un'opera in cui la cantierizzazione sarebbe stata lunga e imponente in termini di territorio. Perché non era una cantierizzazione del tipo “faccio passare un piccolo mezzo”. Ci sono campi base, ci sono le viabilità d'accesso, ci sono tutta una serie di questioni tecniche connesse alla complessità dell'opera principale. Ma la stessa opera [...] ha i cunicoli d'accesso, per esempio. Per cui una cosa che si evidenziava è che per la fase di cantiere non si diceva niente. Mentre, a detta mia e del mio ufficio, la fase di cantiere [...] poteva presentare e avrebbe presentato sicuramente una serie di impatti anche sul versante della risorsa idrica, assolutamente da non sottovalutare”. [...]

Un’altra cosa si ricorda la Sargentini, il difetto di individuazione di opere di mitigazione.

Teste Sargentini Maria: “Uno ragiona sulla base dei dati che ha. Quindi, reversibile o non reversibile, il dato di fatto era: l'impatto ci può essere e ci può essere anche in fase di cantiere. E l'altro aspetto è: se impatto ci può essere, è necessario prevedere gli interventi di mitigazione anche... cioè, sotto vari profili. Ma in particolare, per esempio, si sta ragionando di risorsa idrica: se viene impattata una risorsa che è anche fonte di alimentazione per un acquedotto, che questo avvenga a regime, o che avvenga in fase di cantiere, è assolutamente indifferente rispetto all'esigenza di garantire comunque fornitura idrica”. [...]

In conclusione, progetti ed elaborati [...] generici, superficiali.

Pubblico Ministero: “Ho capito. Però, mi corregga se sbaglio. Se ho capito bene lei dice: una parte generale quasi sovrammettibile a una parte specifica”.

Teste Sargentini Maria: “Sì. Non c'era differenza, sostanzialmente.... Il fatto che fossero dati conosciuti, di per sé, qualitativamente non dà risposte... Il problema è che non c'era una contestualizzazione. Cioè, io posso prendere i dati che conosco, poi rielaborarli e motivare perché quel dato, rispetto a quel territorio, lo interpreto in un certo modo. Quindi, secondo noi, mancava la fase di interpretazione. E ovviamente anche di implementazione di questi dati”. [...]

Ricordiamocelo. Elaborati generici rispetto alla realtà del territorio, mancata esecuzione di un adeguato monitoraggio ante operam, mancata previsione di opere di mitigazione.

 

Purtroppo eravamo nel ’92 e lì siamo di fatto rimasti anche dopo.   

Il parere della Regione viene trasfuso nel Parere Commissione VIA con prescrizioni n. 72 del 27/11/92. [...]

Arriviamo all’approvazione del progetto nel ’95.

Quindi, prima della Conferenza dei Servizi si riparte. Abbiamo questo parere SIA generico, e [...] ora passiamo ad un progetto esecutivo. E quindi viene ricostituito il gruppo in Regione, che ha fra le altre competenze quella di verificare se le prescrizioni date nel ’92 fossero state rispettate o meno. Quindi la Sargentini ricostituisce il gruppo. E vengono interpellati per un parere analogo, oltre a valutare il tracciato al netto del Nodo di Firenze e con il nuovo tratto Vaglia-Paterno.

Teste Sargentini Maria: “Per quello che ricordo sulla parte idrogeologica qualcosa in più veniva detto, ma rimanevano ancora molte perplessità e restavano perplessità per le quali si chiedeva che ci fossero integrazioni, che ci fossero... cioè, come dire, si dà un parere, no? Quindi si dice: è necessario che venga integrato tutto questo profilo, questo, quest'altro. Perplessità forti rimanevano rispetto alla considerazione della fase di cantiere, e quindi alla necessità di messa in opera... Ecco, ricordo questo: che, rispetto a possibili impatti, ancora una volta si rimandava, cioè, il tutto veniva rimandato... veniva detto che tutto poteva essere mitigato in maniera sufficiente con interventi che sarebbero stati previsti in base al monitoraggio. E quindi tutto veniva rimandato a un possibile piano di monitoraggio. [...] Si rimandava nel senso che veniva detto: dov'è possibile un impatto - e ancora si rileva, se non mi ricordo male, nel mio parere il fatto che comunque c'è bisogno di ulteriori informazioni - dov'è possibile un impatto, interverremo con idonee misure di mitigazione. Le idonee misure le definiremo sulla base del monitoraggio. Questo era il concetto... [...] Nel nostro caso c'era una indicazione generica di possibili impatti”.

Pubblico Ministero: ”Generica vuol dire senza nomi? vuol dire su tutta la tratta?”.

Teste Sargentini Maria: “Allora, in generale il ragionamento era che gli impatti sulle risorse idriche venivano espressi in termini di possibili impatti sulle forniture acquedottistiche. questo era l'elemento... cioè, sulle forniture di approvvigionamento. Non c'è un ragionamento di impatto sulla risorsa in termini fisici, e comunque gli impatti vengono in generale trattati come impatti reversibili. C'era un altro elemento che era anche nella relazione che si rese all'epoca, che era quello: cioè, di fronte alla possibilità di impatti in un sistema acquifero che aveva in gran parte la caratteristica di un sistema per permeabilità secondaria, cioè per fratturazione, anche l'area di monitoraggio che doveva essere... che doveva essere prevista a garanzia di questo, non ci sembrava sufficiente quella che era stata prevista nei documenti presentati. Perché l'area di monitoraggio va estesa in funzione dei punti fisici che, come dire, che possono essere in relazione per quei processi. E non tanto geometricamente”.

Insomma per la Sargentini nel ’94-’95, nonostante le prescrizioni, “c'è una continuità con il '92”.

Si rimanda ad un monitoraggio che si farà. Per le opere di mitigazione si dice che si farà quel che risulterà che ci sarà da fare. Per la fascia a rischio di impatto, indicazioni generiche, astratte. Basate su modelli e simmetrie avulse da ogni contesto. La Sargentini dice: “Sì, c’era un maggior dettaglio nell’opera, ma dal punto di vista delle valutazioni di carattere idrogeologico, le differenze non erano così enormi e rimangono - dice lei – ancora una serie di perplessità”.

Eppure questa volta siamo in presenza di un progetto esecutivo. Con quello si va a costruire. Eppure...

 

In termini sempre critici si era già espresso Micheli (1).

Micheli ce l’ho un po’ a cuore perché chi avrà voglia di leggersi il parere di Micheli del 23 gennaio ’95, delle due l’una: o lo fanno Premio Nobel e quegli altri li mandano a fare altri lavori, o se no non si capisce. Viene sentito Micheli. Micheli il 23 gennaio prende la sua pennina, scrive e ritrova tutto quello di cui dopo tredici anni stiamo parlando noi.

Pubblico Ministero: “Faccio riferimento al documento da lei redatto in data 23 gennaio '95. In particolare è quello che ha riferimento alla relazione istruttoria sull'Alta Velocità relativa alla variante Mugello-Carza-Terzolle. Ecco, se vuole raccontare al Giudice qual è il tratto interessato, quali erano i documenti a lei rappresentati, le valutazioni che ha espresso in relazione a quanto le era stato sottoposto”.

Teste Micheli Luigi: [...] È risaputo che  [...] il modo migliore per prelevare l'acqua da sotto terra è quella di fare una galleria, in Toscana ne abbiamo molti esempi. Ecco, questo aspetto non veniva affrontato in modo adeguato. Ripeto, c'era dal punto di vista della carta, ad esempio, idrogeologica, c'era solo una fascia di due chilometri in superficie, rispetto al tracciato. E venivano fatte delle considerazioni... in alcuni elaborati descrittivi c'erano, venivano ipotizzate delle possibilità di intercettazioni delle falde acquifere; ma non venivano poi, in sede di conclusione, considerati gli impatti dell'opera sulle falde, il possibile abbassamento... Praticamente veniva trascurato questo aspetto”.

 

Quindi, per quello che ci interessa ora: superficialità. Ma c’è un elemento in più. Questa volta nel ’95 alla superficialità si accompagna un elemento nuovo, che è quello della fretta. C’è una scadenza: 27 luglio 1995. Bisogna approvare questo progetto. Senza dilungarci in commenti o valutazioni, e rimanendo solo su una base rigorosamente oggettiva, ciò che si può rilevare è come nella primavera-estate del 1995 siano maturate le condizioni politico-economiche per cui si è ritenuto di dover chiudere in tempi rapidissimi la conferenza dei servizi per l’approvazione dell’opera.

Lo testimoniano tutti i tecnici che sono stati chiamati ad esprimere i pareri per le loro Amministrazioni. Basta andare a rileggersi le testimonianze di Micheli e della Sargentini che affermano come, a ridosso della conferenza dei servizi già fissata, la documentazione arrivasse a getto continuo e come i tempi loro assegnati per l’esame della stessa fossero ristrettissimi.

La Sargentini esprime il suo parere in data 13 luglio ‘95 e dice: “Mah, insomma, i documenti arrivavano, addirittura il 13 luglio non erano ancora arrivati tutti, perché fra l’altro c’era scritto nella lettera di trasmissione...”.

Per cui lei si cautela e fa una postilla, dice: “Io faccio il parere il 13 luglio, ma mi hanno detto che mi devono portare ancora dei fogli, ma siccome bisogna chiudere...”.

Pubblico Ministero: ”Ma c’era un po’ di pressione?”

Sargentini: “C’era una Conferenza convocata e quindi c’era da mandare un parere”..

Pubblico Ministero: “Bene, chi c'è c'è, bisogna per il 28...”.

Teste Sargentini Maria: “Sì, per quello che c'era, si rimetteva un parere”.

Gli uffici regionali sono stati messi in queste condizioni di lavorare. [...] C’è la Conferenza il 28, bastava che ci fosse un parere, pare a questo punto più o meno qualunque. Cosa dicessero questi pareri, si guarderà, bisognava chiudere.

Conferma di ciò la dà anche chi ha partecipato personalmente e fisicamente alla conferenza dei servizi.

È sufficiente riandare a ciò che ha detto il sindaco Mascherini di Firenzuola davanti alla VI Commissione Regionale nel 2000. Concetti che, di fatto, ha ribadito in quest’aula: "In conferenza dei servizi nel luglio del 1995 a me è sembrato che il comportamento della Regione fosse più teso a sbloccare e a iniziare i lavori più che a verificare e a chiedere che cosa la realizzazione di quest’opera avrebbe comportato in riferimento all'impatto ambientale e sociale che questa opera avrebbe portato nel territorio rispetto alla qualità del progetto che lì andavamo ad approvare, rispetto alla qualità degli studi di impatto ambientale che in quella sede furono portati ed approvati”.

 

E questo qui è un dato che poi abbiamo riscontrato nel processo. Da una lettura degli atti, dire ‘impressione’ è minimizzante, perché, direi, è un fatto. Quello che si comprende è che viene approvata la volontà di realizzare questo opera e non il dettaglio. Si approva una tratta di 78 chilometri di cui 70 in galleria, ma il dettaglio di essa si rimanda. Perché dico questo? Lo dicono quegli stessi che lo approvano. Già da una mera delibazione degli atti era possibile rilevare eclatanti insufficienze nel procedimento di valutazione degli impatti ambientali, in particolare di quello idrogeologico. Abbiamo un progetto esecutivo che però di fatto è poco esecutivo. I tecnici della Regione ci dicono che nel ’95 siamo ancora a livello del ’92. Praticamente nel ’95 eravamo ancora al livello del 1992 e di fatto nulla era stato fatto per ottemperare alla prescrizioni imposte dal SIA di quell’anno. Che il progetto esecutivo portato in Conferenza dei Servizi fosse di fatto “poco esecutivo” è evidente sol che si pensi che erano esclusi alcuni “piccoli dettagli” quali i nodi di Bologna e di Firenze ed il tracciato finale della linea verso Firenze non essendo stato ancora deciso se passare per la valle del Terzolle o da Castello.

Le circostanze che hanno accompagnato, nei mesi successivi alla chiusura della Conferenza dei servizi, l'avanzamento dell'opera ivi approvata suffragano ampiamente le valutazioni negative di quelli che già ritenevano inidonei gli elaborati a suo tempo esaminati.

L'attraversamento del nodo ferroviario fiorentino è stato approvato solo successivamente e parzialmente, ed è ancora oggi oggetto di trattative sia per le modalità esecutive che per l’individuazione dei finanziamenti, e ciò nonostante il patto siglato tra Regione Toscana, Provincia di Firenze, Ferrovie dello Stato e TAV S.p.A. il 27.7.'95 prevedesse l'impegno da parte dell'Amministrazione Comunale di Firenze "a comunicare, congiuntamente all'Ente Regione, entro l'inizio di ottobre" (del 1995: ndr) "la propria scelta di massima" e nonostante che al punto 9) del citato "Accordo preliminare" i soggetti che lo siglarono concordassero (in data 27.7.'95) "su una precisa, sollecita e garantita definizione di tutti i tempi del complesso degli interventi sul nodo fiorentino, modulata sull'urgenza della razionalizzazione di tutte le infrastrutture cittadine in vista del Giubileo del 2000".

Siamo nel 2008. Il Giubileo è stato otto anni fa.

Quindi abbiamo una fretta, vogliamo dire col senno di poi (ma col senno di poi sono tutti bravi), degna di miglior causa? Non c’era tempo? Forse questa fretta ha portato risultati? No. Quindi, patto clamorosamente sconfessato dagli stessi soggetti che l’hanno sottoscritto.

E per capire quanto sia vero tutto questo oggi sfido a trovare chi ci possa dire con certezza come e quando questa opera sarà completata e funzionante.

Se solo si pensa che ancora oggi non è cominciato né il sottoattraversamento di Firenze, né la nuova stazione ... Stiamo ancora discutendo di dove il tracciato passerà, di quali immobili corrono rischi di stabilità e quali no. [...] E i  soldi? Ci sono?  Sì, no, forse…

E qui abbiamo sentito l’ingegner Polazzo, TAV. Al quale abbiamo fatto alcune domandine. [...] Gli abbiamo chiesto se si sa quanto costerà questa opera, e quando l’opera sarà davvero e, ripetiamo, davvero funzionante. E soprattutto se qualcuno crede alle date indicate. Prima si è detto 2003, poi 2006, poi 2009, ora siamo al 2010 al netto del sottoattraversamento di Firenze. In concreto chissà quando. Costi? Originariamente 5.800 miliardi di lire senza il nodo di Firenze, ed ora siamo già a 4,8 miliardi di euro con le riserve da definire, di cui una cosiddetta “cautelativa” di uno o due miliardi di euro, secondo come va questo processo.

 

Allora, perché dico questi fatti? Non sono numeri e dati fine a se stessi. Questo per dire da subito quale possa essere il valore che si può dare ad affermazioni lette nei documenti e risuonate in questa aula, anche da pubblici amministratori, quali “opera grandiosa realizzata dai migliori specialisti e tecnici”, “tecniche innovative a livello mondale”, “un’opera di primaria importanza”, “abbiamo le migliori professionalità”. Anche da pubblici amministratori. Chiunque vorrà usare questi argomenti dovrebbe prima spiegare perché in questa opera pubblica (purtroppo certo non l’unica) l’indicazione e fissazione dei tempi e dei costi di realizzazione abbiano avuto una affidabilità pari a quella della lettura di un mazzo di tarocchi da parte di una cartomante.

Mi sbaglierò, ma se qualcuno mi dice che quest’opera è stata fatta al più alto livello possibile delle capacità tecniche e professionali disponibili in Italia, mi aspetto che si cominci a rispettare l’ABC di ogni opera, l’ABC di quanto ogni committente avveduto chiede al suo artigiano, fosse anche per ristrutturare il bagno di casa.  All’idraulico si chiede quanto costa e quanto tempo ci mette.  E se l’idraulico non rispetta né l’uno, né l’altro, sono litigi e discussioni a non finire e, soprattutto, non lo si paga subito e per l’intero come se nulla fosse successo o, addirittura, gli si anticipano al suo posto i pagamenti per i danni commessi a terzi. Non si fanno “addendum” in favore degli altri condomini per i danni prodotti dal nostro idraulico.

Nel nostro caso è successo anche di questo. Con l’addendum TAV [...] e Ministero dell’Ambiente senza batter ciglio tirano fuori 52 milioni di euro per riparare ai danni dell’opera. Sentito il dr. Ingravalle, responsabile TAV, sul perché TAV, che è il committente, si sia assunta tale onere invece che scaricare le responsabilità e caricare le spese o sul progettista, se il progetto era stato fatto male, o sull’esecutore, se era sbagliata l’esecuzione, dice: “Per un impegno morale”. Si diventa signori. Con i soldi pubblici si diventa signori. Vorremmo vedere quale privato, quale società, quale multinazionale, sentisse di avere impegni morali con eventuali terzi danneggiati da opere progettate da asseriti illustri professionisti ed eseguite da imprese di assoluto rilievo nazionale. Solo quando i soldi sono pubblici, si diventa signorili e ci si assumono spontaneamente onerosi “impegni morali”.

 

Ma torniamo a noi.

Quindi, nel luglio 1995, in conferenza dei servizi si approva perché si doveva approvare. Ma cosa si approva? Tutto e nulla, a seconda da che parte la si voglia guardare. Tutto, se si pensa alla volontà di realizzare a qualsiasi costo la tratta Firenze-Bologna. Poco o nulla, se si va al particolare.

Ripetiamo: qui non si intende assolutamente sindacare la decisione di realizzare l’opera (...). Il problema non è “cosa si è deciso di fare”, ma “come è stato fatto ciò che si è deciso di fare” e, soprattutto, se poteva essere fatto così.

 

 

(1) Il dr. Luigi Micheli è geologo alla Regione Toscana.

 

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