Associazione di volontariato Idra

iscritta al Registro Regionale del Volontariato della Toscana per la promozione e la tutela del patrimonio ambientale e culturale

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Firenze, 22.11.’07

 

Al CONSIGLIO REGIONALE DELLA TOSCANA

Il Presidente, on. Riccardo Nencini

r.nencini@consiglio.regione.toscana.it

1^commissione@consiglio.regione.toscana.it

Prima@consiglio.regione.toscana.it

 

 

Oggetto: Nostro contributo alla consultazione sulla Proposta di legge n. 214: “Norme sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali”.

 

 

 

            Signor Presidente,

 

 

a seguito dell’invito del 14 novembre scorso, del quale ringraziamo, trasmettiamo a codesta Presidenza le nostre considerazioni di merito e di metodo in relazione alla Proposta di legge in oggetto.

 

Quanto al merito, per contestualizzare ciò che andremo a dire, ricordiamo che la scrivente associazione di volontariato è attiva nel campo del monitoraggio delle grandi infrastrutture da oltre 13 anni, essendosi costituita – prima come Coordinamento di comitati, nel ’94, poi nel ’98 come associazione Onlus - in conseguenza dei progetti di passaggio dell’Alta Velocità ferroviaria nella nostra Regione. In questi anni abbiamo potuto constatare, e di ciò abbiamo cercato di dar conto all’opinione pubblica, come la scelta e l’imposizione alla popolazione e al territorio di questa “grande opera” si configurasse come caso esemplare di politica dettata non da criteri di buona amministrazione ma esclusivamente da esigenze dei “poteri forti” industriali, partitici e sindacali, che hanno oggettivamente interesse alla sua realizzazione a motivo delle ricadute per loro vantaggiose in termini finanziari e di consenso.

Quanto sopra a motivo della sostanziale inutilità del TAV  nell’Italia delle “cento città”, dove statisticamente l’80% dei viaggi avviene su distanze non superiori ai 100 km. La messa in opera della  nuova linea non soddisferebbe comunque le esigenze del trasporto merci, come già dimostra la decisione di realizzare nella nostra Regione, dopo il TAV, anche la variante di valico autostradale.  Inoltre il costo esorbitante dell’Alta Velocità, in continua lievitazione apparentemente fuori controllo, è oggi interamente addossato al pubblico erario nonostante i solenni impegni iniziali di un intervento basato su un 60% di capitali di rischio privati.

In una prospettiva storica, riteniamo opportuno far presente oggi che quanto abbiamo sempre affermato si va rivelando drammaticamente attuale: lo scorso 10 ottobre il settimanale L’Espresso dava conto, utilizzando cifre di fonte FS, di ciò che sta accadendo su una tratta dell’Alta Velocità già realizzata e messa in esercizio: la Roma-Napoli. Dopo 22 mesi di apertura della tratta, i passeggeri – scrive L’Espresso - previsti dai promotori nel 1997 in 54.000 al giorno, sono al momento meno di 3.000. Gli incassi di traffico (al lordo delle spese di gestione) sarebbero quindi di 120 mln di euro in quasi due anni, a fronte di 6 mld di euro di investimenti. “Con questo ritmo”,  chiosa L’espresso, “per rifarsi degli investimenti ci vorranno quasi cento anni”. Come non ricordare che, ancora nel 1997, il prof. Angelo Tartaglia del Politecnico di Torino, invitato da Idra a Firenze al Caffè Giubbe Rosse a presentare il libro “Alta Velocità – valutazione economica, tecnologica e ambientale del progetto”, diceva: la TAV Roma-Napoli è la più inutile in assoluto perché porta da 4 a 6 binari… credo che fra Detroit e Chicago ce ne siano meno, di binari… mi chiedo come faranno a saturarli”?

 

E’ quindi sempre più manifesto, signor Presidente, che la vicenda TAV si connota come effetto puntuale della crisi della democrazia rappresentativa. La delega elettorale ai rappresentanti politici non è cioè sufficiente a che la vita sociale possa svolgersi con ordine e in modo ben amministrato. Poiché fisiologicamente i poteri forti da sempre invadono – quando non esprimono direttamente – i luoghi istituzionali e le stanze dei bottoni ad ogni livello, non solo nei regimi apertamente autoritari, ma anche in quelli di democrazia rappresentativa. L’”affare TAV” e vicende consimili non potranno essere superate se non con l’innesto della democrazia partecipativa.

 

D’altronde la nostra opinione, maturata in modo empirico con l’esperienza, è suffragata da testimonianze qualificate, che hanno acquistato ormai ampia evidenza e cittadinanza nel dibattito pubblico. Come qualcuno ha opportunamente scritto, “l’oligarchia è prodotta dalla delega dei poteri che gli elettori conferiscono ai partiti. La democrazia rappresentativa o democrazia delegata consente infatti alle oligarchie di poter gestire la società intera. E le oligarchie partitiche sono in simbiosi con le oligarchie economiche”.

 

La vicenda TAV rappresenta in questo contesto una vera e propria cartina di tornasole. E non è a nostro avviso da stupirsi se la Regione Toscana, coerente espressione del sistema politico-istituzionale di democrazia delegata attualmente vigente anche a livello di Stato centrale (e anzi, in materia di legge elettorale, di quest’ultimo ancor meno garantista), ha dimostrato in tutti questi anni una spiccata avversione alla partecipazione effettiva dei cittadini all’intervento nelle scelte politiche. La nostra esperienza di rapporto con la Giunta e col Consiglio regionale è costellata in questo senso di prove palmari che potremo in qualsiasi momento dettagliatamente circostanziarLe, e di cui troverà comunque traccia sul nostro sito web http://www.idraonlus.it/vecchiosito/inizio.html.

 

A questo punto la domanda è: esiste effettivamente una alternativa al sistema politico vigente? C’è un modo per il quale possano essere superati i limiti della democrazia rappresentativa, o dobbiamo rassegnarci a ritenere questo il migliore dei mondi possibili?

 

A nostro avviso una soluzione potrebbe ragionevolmente trovarsi in quanto indicato dagli articoli 58, 59 e 62 dello Statuto Regionale, che si riferiscono alla sussidiarietà sociale e alla sussidiarietà istituzionale. A condizione però che si dia a questi termini il senso loro proprio. E cioè che in una concezione non oligarchica dello Stato, esso Stato si intenda al servizio del cittadino e non viceversa. La sussidiarietà, per essere effettiva, non può prescindere dalla libertà e dall’esercizio del potere dei cittadini e dei corpi sociali intermedi per quanto a loro spetta. Potere che andrebbe sostanziato ad ogni livello istituzionale, ovviamente. Ma di quali spazi di esercizio effettivo del potere – in sostanza di quali spazi di soggettività e di libertà - dispongono effettivamente i cittadini e i corpi sociali intermedi nel sistema politico-istitituzionale vigente, in primis a livello di Regione Toscana (non tutte le Regioni attuano la sussidiarietà, e non tutte allo stesso modo)? E come, questo eventuale potere, si riflette, come dovrebbe, al livello dell’amministrazione centrale dello Stato? A nostro parere, signor Presidente, la realtà dei fatti è che il potere risiede per la quasi totalità nelle trasversalità di interessi che si esprimono per il tramite dei partiti e dei livelli istituzionali della democrazia rappresentativa, restando il cittadino e la società della quale egli fa parte in sostanziali condizioni di sudditanza nei casi estremi, e quantomeno sotto tutela. La democrazia rappresentativa ricade però fatalmente e fisiologicamente, come si diceva a motivo della delega, nella sfera oligarchica. Alla persona, alla famiglia, all’associazionismo, all’iniziativa autonoma dei cittadini restano solo le briciole.

 

Abbiamo tentato di documentare in questo testo, Signor Presidente, non certo a cuor leggero, come nei fatti la linea politica della Regione Toscana si iscriva a pieno titolo nel disegno che, pur richiamandosi a parole alla sussidiarietà, la nega nella pratica. E’ d’altronde noto che le oligarchie, per loro stessa natura, non sono disposte a cedere il potere da loro esercitato. Anzi generalmente  lo difendono con estrema determinazione. Anche sovvertendo il senso delle parole.

 

La conseguenza di ciò è che alla scrivente associazione non è purtroppo dato di considerare affidabile la Regione Toscana in quanto soggetto proponente una politica partecipata.

Ciò sembra pienamente confermato anche dai contenuti concreti – al di là delle petizioni di principio - della proposta di legge in argomento. Essa dichiara fra i propri obiettivi, al comma 3 dell’art.1, quelli di:

 

 “rinnovare la democrazia e le sue istituzioni integrandola con pratiche, processi e strumenti di democrazia partecipativa; promuovere la partecipazione come forma ordinaria di amministrazione e di governo della Regione in tutti i settori e a tutti i livelli amministrativi; rafforzare, attraverso la partecipazione degli abitanti, la capacità di costruzione, definizione ed elaborazione delle politiche pubbliche; creare e favorire nuove forme di scambio e di comunicazione tra le istituzioni e la società; contribuire ad una più elevata coesione sociale, attraverso la diffusione di una cultura della partecipazione e la valorizzazione di tutte le forme di impegno civico…

 

Ma poi, lungi dal garantire il raggiungimento efficace ed effettivo degli obiettivi dichiarati, ci sembra invece tendere con determinazione a cristallizzare lo status quo esistente. Come potremmo altrimenti definire il ruolo assegnato a questa ennesima sovrastruttura normativa? Essa, come si evince dall’art. 3, istituisce una Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione nella persona di un “esperto” nominato dal Consiglio Regionale medesimo, sulle attitudini partecipative del quale ci siamo già espressi. Tale organo non farebbe a nostro parere altro che apporre – al termine di un farraginoso processo burocratico – il bollino verde della partecipazione sulle scelte prese dall’Amministrazione nei modi consueti, come l’iter dell’approvazione del Piano strutturale del Comune di Firenze – fortemente pubblicizzato come “procedimento partecipativo” – palesemente dimostra.

Tra l’altro, i cittadini contribuenti toscani si ritroverebbero anche a dover sostenere l’onere della remunerazione di questa ennesima inefficiente Autorità e del mantenimento del suo ufficio.

Per quanto riguarda i dibattiti pubblici che l’Autorità per la partecipazione potrebbe organizzare sui “grandi interventi” infrastrutturali, facciamo osservare che – notoriamente - proprio l’informazione che ne costituirebbe un presupposto è massicciamente in mano a quel potere oligarchico trasversale della cui azione abbiamo quotidiana conferma. L’iter dell’affaire TAV e degli altri “grandi interventi” (art. 4) testimonia esemplarmente, del resto, il dato di fatto che dei contenuti dei progetti – in ogni fase, e soprattutto in quella preliminare della loro elaborazione, richiamata dalla proposta di legge - il grande pubblico (e, ahinoi!, gli stessi eletti chiamati a deliberare) non risulta adeguatamente informato, e non è quindi in grado di valutare e decidere con cognizione di causa.

In relazione poi alla “iniziativa autonoma degli abitanti e dei soggetti sociali organizzati” che (art. 1) la legge è chiamata a porre in attuazione, e all’obiettivo di “valorizzare i saperi, le competenze e l’impegno diffusi nella società” (ibidem) che essa dovrebbe promuovere, l’esperienza di questi anni, fino a quella degli ultimi mesi, è nel nostro caso piuttosto quella dell’umiliazione e della mortificazione subìte tutte le volte che la nostra Associazione ha provato – in via informale e in via formale – a mettere a disposizione dei vertici del governo della cosa pubblica regionale, e non solo in materia di infrastrutture, il bagaglio di conoscenze indipendenti acquisite e i suggerimenti operativi che ne derivano. “La volontà di partecipazione di cui si fa portatrice la vostra associazione – leggiamo in una nota a noi indirizzata lo scorso 15 febbraio 2006 dall’Assessore alle Riforme istituzionali Agostino Fragai - è uno stimolo alle finalità che si siamo posti in questa legislatura”. Ma noi non possiamo dimenticare i fatti, prima di credere alle intenzioni. Che senso ha continuare a suggerire scenari di presunta partecipazione democratica alle scelte della Regione quando le evidenze denunciano il contrario? Ogni concreto tentativo di “partecipazione” da parte nostra è stato frustrato dalla mai dichiarata resistenza dell’apparato, che sembra intendere la partecipazione come l’inserimento in un procedimento amministrativo a sé stante e non invece come una modalità differente di gestione dell’azione amministrativa! Abbiamo scritto più volte al presidente della Giunta regionale Claudio Martini documentando le lacune, le contraddizioni e le controindicazioni della politica ambientale, sociale, trasportistica e finanziaria della Regione Toscana, reiterando richieste, appelli, inviti, proposte e lettere. Nella stragrande maggioranza dei casi non abbiamo ricevuto altro riscontro se non l’adozione di scelte incompatibili con le indicazioni e gli orientamenti che la documentazione da noi prodotta suggeriva o esplicitamente richiedeva. Ci siamo rivolti anche agli assessori al Territorio e al Diritto alla salute, senza ricevere in cambio alcuna considerazione. Soltanto con l’assessore all’Ambiente è stato possibile fissare pochi e faticosi incontri, ma a fine 2006 abbiamo visto interrompere anche questo tenue canale di comunicazione, nel bel mezzo peraltro di uno specifico procedimento già formalmente avviato! Lo scorso marzo abbiamo chiesto un’audizione urgente alla Commissione Ambiente del Consiglio Regionale su un tema che inquieta l’Italia, la distruzione di risorse idriche e territoriali (oltre che erariali) in Mugello a seguito dei lavori per la realizzazione della linea dell’Alta Velocità - Alta Capacità ferroviaria,  sul tema delicatissimo del sottoattraversamento AV di Firenze. Ci preoccupano infatti, e non poco, certe dichiarazioni pubbliche rilasciate dal presidente della Commissione, da un consigliere della maggioranza e da un consigliere dell’opposizione al termine della visita della Commissione stessa ai tunnel TAV in demolizione, rifacimento o adeguamento fra Monte Morello e Firenzuola. Dichiarazioni che appaiono a noi ispirate da una clamorosa ignoranza dei fatti se non da altri motivi la cui logica al momento ci sfugge. Anche qui, nessuna risposta e nessuna attenzione da parte di alcuna forza politica.

Infine, appaiono davvero fin troppo generici e incontrollabili i criteri per i quali il dibattito pubblico verrebbe ammesso (art. 5). L’Autorità valuta se “l’impatto dell’intervento è rilevante”: ma su quali basi, ci chiediamo, seguendo quali criteri? L’Autorità seleziona le domande tenendo conto che i progetti ammessi “hanno svolgimento su territori che presentano particolari motivi di disagio sociale o territoriale”, o che essi “hanno per oggetto opere o interventi che presentano un rilevante impatto potenziale sul paesaggio o sull’ambiente”, o che essi “adottano forme innovative di comunicazione e di interazione con gli abitanti”. Alla genericità degli aggettivi corrispondono margini di discrezionalità evidentemente troppo ampi, che sarebbero per giunta appannaggio di un soggetto scelto – abbiamo visto - in una sede squisitamente politica.

 

Per quanto riguarda il  metodo, signor Presidente, ancora in conseguenza di quanto abbiamo esposto, siamo del parere che la democrazia partecipativa non possa crescere “per legge”, come si intenderebbe fare in questo caso. Creando una specie di recinto, di riserva indiana dove – spiace dirlo – i cittadini si ritroverebbero coinvolti in una parodia della partecipazione. Lo stesso processo di consultazione che ha portato la Regione Toscana a esprimere i contenuti della Proposta di legge n. 214 appare assai carente sul piano della capacità di coinvolgimento della società civile, e della stessa quantità ed accessibilità delle occasioni di discussione e confronto.

 

Siamo piuttosto del parere che la democrazia partecipata crescerà effettivamente nella società nella misura in cui le persone, i cittadini singoli e associati, le famiglie, i corpi intermedi della società prenderanno coscienza del primato della propria soggettività politica ed anche, presumibilmente, nella misura in cui sarà loro possibile fare pratica di sussidiarietà nella libertà di espressione, di valutazione, di confronto, di scelta e infine di decisione.

 

E’ sulla base di tutto quanto premesso che la scrivente associazione,  dissentendo in toto dalla logica, dalla metodologia e dal procedimento adottati per maturare la Proposta di legge n. 214, nonché dai contenuti della Proposta stessa, auspica che codesta Presidenza ne dichiari la improcedibilità, essendo del tutto evidente che premesse, obiettivi e strumenti attuativi presentano profili di disomogeneità e incoerenza tali da minare l’impianto e la credibilità dell’atto stesso.

 

Con ossequi,

il vice presidente

Pier Luigi Tossani

 

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