Ottobre 1994

 

Alle Amministrazioni Comunali di Firenze, Sesto Fiorentino e Vaglia

All'Amministrazione Provinciale di Firenze

All'Amministrazione Regionale della Toscana

Ai Ministri dell'Ambiente e dei Trasporti

Agli organi di informazione cittadini

 

APPELLO

PER LA SALVAGUARDIA DELL'INTEGRITÀ

DEL PARCO TERRITORIALE DI MONTE MORELLO

 

 

La città di Firenze, la sua area metropolitana, le colline a nord ovest (Careggi, Monterivecchi, Canonica) e l'intero complesso orografico di Monte Morello sono stati recentemente collocati al centro di un progetto di cantiere pluriennale destinato alla costruzione di un tracciato di alta velocità ferroviaria che si annuncia - nelle stesse descrizioni allegate al progetto - devastante per la popolazione e per l'ambiente.

Le ipotesi all'attenzione delle autorità locali prevedono in città e sulle colline adiacenti entro i prossimi undici anni:

L'elevato sforzo finanziario legato alla realizzazione delle opere descritte permetterebbe un risparmio di 3-4 minuti nell'attraversamento della città di Firenze, e di altri 14 minuti nel tragitto fra Firenze e Bologna.

Nessun concreto vantaggio è previsto per i passeggeri che provengono dalla città o dalla regione: chi intenderà servirsi dell'alta velocità sarà costretto a raggiungere da Santa Maria Novella (che rimarrà stazione di testa di tutto il traffico ferroviario ordinario, locale e regionale), o da qualsiasi altro punto dell'area metropolitana, l'eccentrica stazione di Campo di Marte, stazione passante dell'AV, alla periferia est della conurbazione fiorentina.

Nessuna garanzia, nel progetto, circa l'effettiva capacità di spostamento sostanziale del traffico merci dal trasporto su gomma a quello su rotaia: i convogli merci potranno circolare sulla linea AV Firenze-Bologna solo in fasce orarie riservate.

Nessuna possibilità di utilizzazione della linea veloce Firenze-Bologna da parte di convogli regionali, come succede invece sulla direttissima Roma-Firenze, là dove essa interseca il tracciato ferroviario tradizionale: il ramo ad alta velocità Firenze-Bologna è stato infatti disegnato completamente separato dalla linea Firenze-Prato-Bologna.

Il modello di alta velocità proposto non offre particolari garanzie neppure sul piano dell'occupazione. Stabilisce infatti gare d'appalto in regime di monopolio, lo stesso che ha caratterizzato la stagione di tangentopoli, e così tanti danni ha provocato - oltre che alle casse dello Stato - proprio all'occupazione, bloccata dalle inchieste e dai processi.

Un cospicuo movimento di opinione sta interessando in queste settimane il progetto di attraversamento della città di Firenze, il cosiddetto nodo. Da più parti, e autorevoli, si stanno avanzando fondati dubbi circa il metodo di definizione dei progetto presentato dalle Ferrovie, e i suoi stessi contenuti. Vengono formulate nuove ipotesi di progetto.

Sembra a questo punto ragionevole esigere una fase di riflessione e una possibilità di scelta fra opzioni multiple, sostenute da adeguate valutazioni comparate di impatto ambientale e sociale, come prescrivono le direttive CEE in materia.

Appare invece pericolosamente poco discussa la scelta relativa alla cosiddetta tratta Firenze-Bologna, che ne individua la direttrice lungo la vallata Mugello - Carza -Terzolle. Il progetto è stato presentato separatamente da quello riguardante la penetrazione urbana di Firenze, e la sua approvazione determinerebbe già all'inizio dei '95 l'avvio del lavori. Ci sembra che le stesse amministrazioni locali riservino troppo scarsa attenzione critica a due elementi fondamentali:

  1. l'artificiosa separazione nodo/tratta, inaccettabile per la necessaria interrelazione che le due scelte comportano;

  2. la scelta della direttrice individuata nella vallata del Terzolle-Terzollina dopo la ragionevolissima bocciatura sociale dell'"opzione Mugnone".

Noi temiamo che la scarsa visibilità elettorale della vallata del Terzolle faccia dimenticare le sostanziose ragioni di natura scientifica, sociale, ambientale e culturale che ne sconsigliano radicalmente la scelta per i tipi di cantierizzazione proposti.

Desideriamo pertanto appellarci con particolare urgenza alla sensibilità democratica, tecnica e culturale delle amministrazioni pubbliche interessate, affinché riservino con opportuna tempestività alla questione dell'uscita nord da Firenze del tracciato AV la stessa capacità di osservazione critica e presenza istituzionale che si viene oggi evidenziando sul progetto di nodo.

Sarebbe infatti a nostro avviso segno di grave miopia amministrativa il considerare i destini della piana, della campagna e delle colline fiorentine come disgiunti o separabili dai destini della città costruita e dell'intera area metropolitana.

Si tratterebbe in primo luogo di un errore scientifico, dal momento che gli equilibri ambientali della città - già così gravemente compromessi dal modello di espansione disordinata e onnivora perseguito negli anni '60, '70 e '80 - sono saldamente vincolati alla capacità di carico e sopportazione che il territorio naturale circostante arriva a possedere.

La fragilità idrogeologica della piana di Firenze, testimoniata se non altro dalle disastrose alluvioni degli ultimi decenni, dal '66 al '92, non potrà certo giovarsi di un decennio di cantieri nella fascia montana, collinare e pedecollinare, né degli ingenti processi di sbancamento e impermeabilizzazione del territorio che si stanno avviando nell'area dell'Osmannoro, a danno degli ultimi preziosi ecosistemi acquatici (lo stagno di Gaine) e della rara avifauna ospite, stanziale e migratoria.

Si tratterebbe inoltre di un grave errore sociologico e ambientale, in quanto la precaria qualità della vita nell'area metropolitana fiorentina (dallo stress da traffico motorizzato che quotidianamente la popolazione subisce, all'aria che è costretta a respirare, alla grave indisponibilità di spazi verdi, di gioco, socializzazione e autonomia per bambini, ragazzi e giovani, fino al generale deterioramento delle relazioni interpersonali e sociali) esige come bene irrinunciabile l'accessibilità piena di un territorio - quello collinare, appunto, e l'intero Monte Morello - ancora in buona parte salvato - per effetto di una lungimirante cultura politica - dal processi di colmata e brutalizzazione che l'area metropolitana ha invece pesantemente registrato.

Il bosco della Terzollina, per fare un esempio, rappresenta. un biotopo di elevato valore naturalistico per la singolare coabitazione di essenze caratteristiche della collina e della flora mediterranea, e costituisce un. terreno privilegiato di osservazione e di esercitazione per gli studenti della Facoltà di Scienze agrarie e forestali dell'Università di Firenze.

Lungo il Rio Freddo (questo l'antico nome del Terzolle, dal quale si fa derivare da, taluni il toponimo Rifredi), un torrente adottato ormai da anni da scuole di ogni ordine e grado del Quartiere 5, si snodano sentieri di trekking segnati e si progettano, ancora ad opera delle scuole, nuovi percorsi escursionistici.

Privare per anni le centinaia di migliaia di abitanti dell'area fiorentina del godimento a pieno titolo di un polmone verde e di una meta ecologica così importante come Monte Morello, e delle colline che si affacciano sul suo versante meridionale, appare un attentato, da respingere, all'equilibrio psico-fisico di una grande comunità.

Bambini e ragazzi soffrono peraltro già abbastanza nelle nostre città violente e violentate. I nostri figli non sono ascoltati dagli urbanisti né dagli amministratori; della loro salute si parla nei convegni, non nei Consigli comunali. Non possiamo né vogliamo permetterci di aprire un lungo scenario di nuove sofferenze per tutta una generazione di bambini che, se avranno la ventura di non crescere in mezzo ai cantieri, e di non smarrire ogni possibilità di identificazione culturale positiva col luoghi dell'abitare, perderanno comunque per tutta la loro infanzia o adolescenza le vitali occasioni di verde salubre a Monte Morello.

Gli stessi laghetti della Piana, dove sostano gli uccelli migratori, dall'airone al cavaliere d'Italia, diventeranno piattaforme di bitume e cemento, certo non altrettanto emozionanti.

Neppure l'argomento che tutto tornerà come prima appare ovviamente qualcosa di più che un semplice slogan. Tutti sappiamo che, sa anche i lavori dovessero durare solo i 74 mesi preventivati dalle Ferrovie, occorrerà molto più tempo a ripristinare un ecosistema così ricco, complesso e vulnerabile!

Si tratterebbe infine di un imperdonabile errore culturale, testimonianza di un'improvvisa caduta della memoria storica rispetto a un quadrante della città e della civiltà fiorentina nel cui grembo sono venuti a maturazione processi che hanno permeato di sé parti consistenti della cultura e della storia europee.

Soltanto l'apparente amnesia degli enti committenti l'opera, e delle amministrazioni consenzienti, ci fa sentire in obbligo di richiamare qui circostanze altrimenti note e ampiamente documentate.

Il territorio della vallata del Terzolle e del Terzollina, ancora fra le due guerre, rappresentava un ambiente fortemente improntato dall'agricoltura a base mezzadrile e dalla vita rurale, fatta di campagne punteggiate di case poderali, di ville signorili e di "case di fattoria", con rari, modesti e un po' sonnolenti borghi di servizio (Cercina e soprattutto Serpiolle e Careggi) che ospitavano poche famiglie di artigiani, bottegai e "operanti".

Molti dei caratteri paesistici e culturali dell'assetto territoriale pre-bellico e persino dell'immediato dopoguerra sono da tempo scomparsi, sia per la "rivoluzione" economica e sociale che ha investito anche la conca fiorentina, sia per la dilatazione a macchia d'olio della città che ha finito per colmare quasi tutti gli spazi verdi della pianura e parte di quelli delle basse colline che vi si appoggiano a ventaglio fra Castello, Careggi e Montughi. Ma l'area continua fortunatamente a conservare - specialmente nella ripida e selvosa testata, o comunque nel via via più morbido settore collinare - una elevata intensità di beni paesistico-ambientali, sotto forma di piccoli aggregati storici, come il borghetto ridente e comunitario di Serpiolle e quel più spazieggiato complesso di frazioncelle (dominato dalla pieve di S. Andrea dalla torre campanaria singolarissima) che costituisce Cercina.

Tutti gli altri valori sono riferibili a quanto rimane del paesaggio agrario tradizionale che esprime connotati di particolare bellezza per l'alta intensità delle coltivazioni arboree (viti e specialmente olivi, dominanti sui mosaico più irregolare dei "campi a pigola" nella collina e sulle geometriche squadrature del campi della piana) e delle sistemazioni orizzontali dei versanti collinari (muretti a secco), dei cipressi e dei pini isolati o riuniti in filari, dei boschetti con alberi a foglie caduche mescolati a lecci e altri sempreverdi; del fitto reticolo delle ville (spesso circondate da giardini e parchi) e delle case coloniche dalle architetture generalmente armoniose ed eleganti; dei mulini (di Boso e di Serpiolle) e delle fornaci (come quella del Poggio dei Romitorio); della fitta trama viaria che, fin dall'età medievale almeno, si riunisce a Cercina, autentico nodo di convergenza e irraggiamento sia per le comunicazioni trasversali fra il bacino fiorentino e il Mugello che per quelle longitudinali fra le valli di Marina e Mugnone.

Le origini del patrimonio culturale esistente nel territorio sono da ricercare nel lungo periodo storico compreso fra la colonizzazione etrusca, e soprattutto romana, e l'età contemporanea. All'età medievale fanno riferimento molte testimonianze insediative o almeno toponomastiche, come i villaggi agricoli fortificati o i castelli di Castiglioni e di Cercina, funzionali all'organizzazione feudale e agricola di sussistenza, detta "curtense", stabilitasi nei secc. VIII-lX; come alcune torri erette forse come "gardinghi" longobardi per sorvegliare strade di grande importanza; come le pievi romaniche di S. Andrea a Cercina e S. Stefano in Pane ed altri edifici religiosi ancora; come gli innumerevoli tabernacoli disposti lungo le strade, funzionali all'espressione della religiosità quotidiana di contadini e viandanti.

A partire dai secc. XIII-XIV, la crescita di Firenze e delle forze borghesi determinò la disgregazione del potere e dell'assetto socio-economico feudale (dei Catellini e del vescovo fiorentino) e, in sua vece, si formò nella zona una articolata proprietà di famiglie e di enti ecclesiastici e ospedalieri cittadini che comportò la riorganizzazione del territorio mediante la mezzadria poderale, imperniata su connotati pressoché sconosciuti al Medioevo, come l'insediamento sparso e le coltivazioni promiscue che si estesero ai danni del bosco, dei sodi a pastura e degli stessi seminativi nudi, sia nell'area collinare che in quella pianeggiante, dopo le necessarie sistemazioni e bonifiche. L'appoderamento determinò il rapido popolamento della valle che si strutturò in numerosi "popoli" (ciascuno dei quali faceva riferimento ad una chiesa), organizzati nella "Lega di Cercina" e nei "pivieri" di S. Andrea e S. Stefano; contemporaneamente, vennero costruite innumerevoli "case da signore" per le villeggiature dei fiorentini e per il controllo del lavoro dei mezzadri. Tra le ville più rappresentative, basti ricordare quelle dì Castiglioni, di Canonica, di Segalari, di Cerretello, di Roncastaldo, e soprattutto le dimore principesche dei Medici erette nel secc. XV-XVI (Careggi, con quelle vicine di Castello e Petraia). Questi edifici signorili furono dotati spesso di oratori, di parchi e giardini e alcuni, a partire dai secc. XVI-XVII, anche di tinaie e cantine, frantoi e orciaie, granai e altri ambienti per poter svolgere il ruolo di centri direzionali della vita produttiva del poderi dipendenti: nacquero così le fattorie.

Ville e fattorie, poderi e borghi rurali, pievi e chiese suffraganee, oratori e tabernacoli, mulini e fornaci, strade e corsi d'acqua (con il Terzolle collettore di tutto il sistema, arginato e canalizzato nell'età moderna e congiunto col Mugnone), coltivazioni promiscue e boschi naturali e "giardinizzati" furono gli elementi costitutivi del "più commovente paesaggio che esista al mondo" (per dirla con Fernand Braudel), destinato a incardinare la vita economica e sociale fino ai grandi rivolgimenti degli anni '50 e '60 del Novecento.

Careggi, dove oggi ha sede il più importante complesso ospedaliero metropolitano (di cui le stesse relazioni che accompagnano il progetto FS predicono un aggravato stato di sofferenza da imputare al futuro sconvolgimento della mobilità tutt'intorno) è stato culla della cultura umanistica fiorentina, e dunque italiana ed europea. La dimora signorile, già dei Lippi, che i Medici acquistarono nel 1417 e Cosimo il Vecchio fece abbellire ed ingrandire da Michelozzo per farne il proprio soggiorno preferito, fu centro di irradiazione culturale di prima grandezza. Presso la villa di Careggi ebbe sede l'Accademia platonica; intorno a Lorenzo il Magnifico si plasmò un'intera generazione di poeti, filosofi, artisti e intellettuali: da Agnolo Poliziano a Luigi Pulci, da Marsilio Ficino a Leon Battista Alberti a Giovanni Pico della Mirandola.

Ebbene. Sotto e sopra questo peculiare tessuto storico e naturale, delicatissimo sotto l'aspetto idrogeologico (frequenti gli smottamenti lungo le strade; storici i quadri fessurativi in tutti gli edifici, antichi e più recenti, per il precario equilibrio fra le strutture e i terreni di fondazione, sensibili alle variazioni stagionali e alle oscillazioni della falda), organizzato da anni in Parco territoriale, il progetto delle Ferrovie prevede megacantieri con annessi cementifici, dormitori per 500 operai, strade camionabili per il rifornimento e la discarica dei materiali dalla galleria.

Nei progetto stesso si possono leggere le effettive dimensioni del cantieri rispetto all'area territoriale del Parco, ed il percorso che dovranno effettuare le strade camionabili. Una di queste, partendo dal cementificio di Paterno, taglierà Monte Morello attraversandolo dal lato nord al lato sud passando per Ceppeto alla volta dei Fondi di Cercina, dove sorgerà uno dei megacantieri previsti (e poi continuerà per Firenze?...). L'altra unirà il cantiere che sorgerà nella valle di Terzollina (Serpiolle) con quello previsto a Montorsoli, attraversando l'intera valle e le pendici di Canonica.

Tutto ciò non potrà che comportare una pesante trasformazione dell'ambiente del Parco territoriale di Cercina e Morello, a tutt'oggi l'ultimo bosco della città. Già da sé l'inquinamento acustico di fondo che accompagnerà per anni il lavoro dei cantieri appare inaccettabile per l'intera area.

Si trattano dunque Firenze e il suo pregiato paesaggio collinare come e peggio di una qualsiasi periferia degradata. Nessuna particolare attenzione per la città "capitale della cultura e dell'arte"; nessun riguardo per i suoi beni culturali e ambientali. Dalle ville medicee di Petraia e Careggi fino a quelle del Trebbio e di Cafaggiolo in Mugello (già pericolosamente adiacenti all'eterno cantiere di Bilancino, oggi candidate a sentinelle anche dei cantieri per la tratta Firenze-Bologna), il progetto delle Ferrovie sceglie l'asse di penetrazione più delicato possibile, contando forse sulla minore resistenza numerica di vallate scarsamente popolate, a buon diritto tutelate fino ad oggi dalla speculazione proprio per effetto delle cospicue presenze storiche, artistiche e architettoniche

Attendiamo a questo proposito una qualificata espressione di parere da parte delle autorità pubbliche preposte alla tutela dei beni ambientali, artistici e culturali, così come da parte delle istituzioni che curano la tutela della salute del cittadini, in particolare la prevenzione delle malattie e dei disagio.

 

Convinti della necessità che si persegua coerentemente l'esigenza di potenziamento ed efficienza del servizio di trasporto pubblico su rotaia, e che si creino le condizioni che permettano di spostare quote consistenti di passeggeri e merci dal trasporto su gomma a quello su rotaia, abbiamo ritenuto di dover levare anche la nostra voce affinché, come richiesto dal Coordinamento del Comitati e delle Associazioni contro i progetti di alta velocità di Firenze, Terzolle, Mugnone e Mugello:

Hanno aderito

all'Appello per la salvaguardia

del Parco territoriale di Monte Morello

 

 

Alberto ABRAMI, legislazione agraria

Cristina ACIDINI, soprintendente vicario ai Beni Artistici e Storici di Firenze

Francesca ALOTTA, cantante

Chiara ANDREONI, archeologa

Augusto AZZAROLI, paleontologo

Aleandro BALDI, cantautore

Lorenzo BALLERINI, Archittettura, Università di Firenze

Angelo BARACCA, Fisica, Università di Firenze

Massimo BARBIERI, musicista

Maurizio BASSETTI, insegnante

Stefano BECCASTRINI, medico del lavoro

Bernardo BERTOLUCCI, regista

Giancarlo BIGAZZI produttore discografico

padre Dino BRAVIERI, direttore dell'Osservatorio Ximeniano

Licia BORRELLI VLAD, direttrice di istituto di restauro

Clotilde BREWSTER, pittrice

Armando BRISSONI, epistemologia, Cornell University, USA

Filippo BUSSOTTI, Dipartimento di Biologia vegetale, Università di Firenze

Gianfranco CALAMINI, selvicoltura tropicale, Università di Firenze

Franca CANIGIANI, Geografia, Università di Firenze

Paola CAPPELLINI, Giurisprudenza, Università di Firenze

Luciano CARUSO, artista, scrittore

Andrea CECCONI, insegnante

Cosimo CECCUTI, Scienze Politiche, Università di Firenze

Enrico CENNI, dottore forestale

Marco CHIARINI, direttore della Galleria Palatina di Firenze

Gabriele CIAMPI, ricercatore, Geografia, Università di Firenze

Zeffiro CIUFFOLETTI, Facoltà di Magistero, Università di Firenze

Flavia COLACICCHI, pittrice

Piero COLACICCHI, Accademia delle Belle Arti, Firenze

Fulvio CONTI, Scienze Politiche, Università di Firenze

Marco CONTI, studioso di storia locale

Beppe DATI, musicista

Pietro DI GIORGI, collaboratore Istituto di Sociologia, Università di Parma

Gian Franco DI PIETRO, Architettura, Università di Firenze

Gerhard EWALD, storico d'arte, già direttore dell'istituto Germanico di Firenze

Marco FALAGIANI, musicista

Marco FERRETTI, dottore forestale

Mario FONDELLI, Ingegneria, Università di Firenze

lolanda FONNESU, Geografia, Università di Firenze

Eugenio GARIN, filosofo

Giuseppe GERMANO, psichiatra

Stefania GHERI, bibliotecaria, Università di Firenze

Andrea GIUNTINI, ricercatore, Economia e Commercio, Università di Firenze

Franco GIZDULICH, architetto

Antonio GODOLI, Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Firenze

Paolo GORI SAVELLINI, editore, Firenze

Mario GOZZINI, insegnante

Lodovico GRASSI, giornalista e pubblicista

Katherine GRINDLE GAIA, scrittrice

Mina GREGORI, storica dell'arte, Università di Firenze

Ennio GUARNIERI, cardiologo

Luciano GUARNIERI, pittore

Carla GUIDUCCI BONANNI, direttrice della Biblioteca Nazionale

Richard HASLAM, giornalista

Derek HILL, pittore

Marco INGIULLA, medico chirurgo

Teresa ISENBURG, Geografia, Università di Firenze

Kristin JAMESON, pittrice

Alberto L'ABATE, Sociologia, Università di Firenze

Antonio LA PENNA, Letteratura latina, Normale di Pisa

Nadia Gloria LACERENZA, biologa, Istituto di Cerealicoltura, Foggia

Marcello LAZZERINI, giornalista

Anna LENZUNI, direttrice della Biblioteca Laurenziana

Giorgio LUTI, Lettere e filosofia, Università di Firenze

Mario LUZI, poeta

Alberto MAGNAGHI, Architettura, Università di Firenze

Manfredo MANFREDI, Università di Firenze

Rosalia MANNO TOLU, direttrice dell'Archivio di Stato

Corrado MARCETTI, architetto

Alessandro MARGARA, magistrato

Vittorio MARIANI, notaio

Arnaldo MARTINELLI, Geografia, Università di Firenze

Fabio MARTINI, Paletnologia, Università della Tuscia, Viterbo

Maria Cristina MASDEA, Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Firenze

Filippo MASI, presidente della Società perla Biblioteca Circolante di Sesto F.no

Marco MASSA, Architettura, Università di Firenze

Carlo Alberto MASTRELLI, Glottologia, Università di Firenze

Mauro MAURRI, responsabile di Medicina Legale, Policlinico di Careggi

Luciana MELI, bibliotecaria, Università di Firenze

Simonetta MERENDONI, responsabile dell'Archivio storico provinciale di Firenze

Giulio MEZZETTI, Architettura, Università di Firenze

Rita MICARELLI, ecologa umana

Bianca MORI LA PENNA

Adriana MORONI, archeologa

Giancario PABA, Architettura, Università di Firenze

Marco PACI, ecologia forestale, Università di Firenze

Antonio PAOLUCCI, soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Firenze

Carmelo PELLICANÒ, coordinatore dei servizi psichiatrici, San Salvi, USL 10 E

Ivana PELOSI, architetto

Mark PEPLOE, regista

Claire PEFLOE BERTOLUCCI, regista

Maria Luisa PETRINI, insegnante

Anna Maria PETRIOLI TOFANI, direttrice della Galleria degli Uffizi

Leonardo PINZAUTI. giornalista

Pietro PIUSSI, Scienze Forestali, Università di Firenze

Giorgio PIZZIOLO, Architettura, Università di Firenze

Maria Luisa PUCCETTI AZZAROLI, già conservatore del Museo della Specola

Leonardo ROMBAI, Geografia, Università di Firenze

Giuseppina Caria ROMBY, Geografia, Università di Firenze

Severino SACCARDI, saggista

Fabio SALBITANO, ricercatore, Istituto di Selvicoltura, Università di Firenze

Anna Maria SALERNO, responsabile di attività di volontariato

Bruno SANTI, soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Siena e Grosseto

Lucia SARTI, Paletnologia, Università di Siena

Carlo SISI, direttore della Galleria d'Arte Moderna, Palazzo Pitti

Nicola SOLIMANO, ricercatore

Elena SOULIOTIS, cantante lirica

Paolo SPOSIMO, ornitologo

Andrea TANI, ricercatore, Istituto di Selvicoltura, Università di Firenze

Anchise TEMPESTINI, storico d'arte

Vittorio TOLU, artista

Maria Grazia TRENTI ANTONELLI, direttrice della Sezione Didattica degli Uffizi

Niccolò TUCCI, scrittore

Ermanno UGOLINI, avvocato

Domenico VALENTINO, soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici di Firenze

Jannina VEIT TEUTEN, pittrice

Luisa VERTOVA NICOLSON, storica dell'arte

Giuseppe VETTORI, Giurisprudenza, Università di Firenze

Alessandra ZANZI SULLI, Istituto di Selvicoltura, Università di Firenze Pistoia e Prato

 

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